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Vampire Hunter D Volume 2 Capitolo 3A

Immagine del redattore: suppy999suppy999

I pallidi raggi del sole avevano fatto sciogliere gran parte della neve sulla collina. Dei giovani germogli spuntavano dal terreno, raccogliendo diligentemente l'energia di cui avrebbero avuto bisogno per crescere nella stagione a venire.

Come un dipinto pastorale, il verde copriva il terreno dolcemente ondulato, e in lontananza un giovane Adone si stagliava contro il cielo blu, camminando mentre il vento agitava l'orlo del suo cappotto.

Bastava avvicinarsi di un passo, però, per essere colpiti dall'ineffabile aura ultraterrena che emanava, rendendosi conto di quale orrore fosse nascosto sotto quella bellezza perfettamente conservata.

Era il Cacciatore di Vampiri D, che fosse primavera, o estate, i suoi occhi impassibili riflettevano un'oscurità piena di demoni.

A metà della salita D si fermò.

Un carro stava giungendo dal paese. Era Lina, con i suoi lunghi capelli neri che svolazzavano dietro di lei. Realizzando che D l'aveva notata, un sorriso illuminò il suo volto e lo salutò con la mano.

Anche se non fece alcun gesto di saluto, era comunque insolito per il giovane aspettare mentre Lina fermava il carro, raccoglieva la lunga gonna blu e saliva la collina verso di lui. Sembra che non solo gli esseri umani, ma tutte le creature viventi avessero difficoltà a traversare la collina.

"Cosa ti porta qui?" le chiese con sguardo severo.

"Oh, accomodante come al solito, vedo. Stavo per chiederti la stessa cosa. Beh, almeno posso tenerti compagnia. Dopotutto, sei stato così gentile da aspettarmi e tutto il resto".

Nonostante il respiro affannato, un sorriso sereno si diffuse sulle labbra di Lina. Non era solo perché era così bello da farle venire i brividi, ma anche perché trovava divertente stare con lui - forse "divertente" non fosse esattamente il termine giusto, stare con lui era certamente intrigante.

Lina non sapeva quanto potente fosse il Cacciatore, o come certa gente della Frontiera rabbrividisse al solo menzionare del suo nome. Aveva diciassette anni, e le ragazze di quella età tendono a vedere i coetanei del sesso opposto come bambini troppo cresciuti, ed era probabilmente così che Lina vedeva D. Ma, a dispetto delle apparenze, chi poteva davvero dire quanti anni avesse davvero il Cacciatore?

"Non ti stavo aspettando" disse D gelidamente. "Stavo per dirti di tornare a casa".

"Nemmeno per sogno," mugugnò Lina. "Sono molto più al sicuro con te che in città".

Questo era certamente vero.

"Fai come vuoi".

D si voltò senza aggiungere altro. Grazie al suo passo lento e invariato, per quanto Lina si sforzasse, non riuscì a colmare il divario tra loro. Raggiunta la cima della collina, Lina collassò all'ombra delle mura. Spietato com'era, D entrò nelle rovine senza neanche uno sguardo all'indietro, e sparì.

"Non ci credo! Di tutte le persone senza cuore—" Lina urlò, sbattendo i piedi, e il fiore bianco cadde dal suo petto. Lo afferrò subito e dopo averlo pulito delicatamente lo rimise al suo posto. Gridando "Aspettami, infame senza cuore," si insinuò anche lei nella breccia tra le rovine.

Il timore che gli umani provano per i castelli della Nobiltà non spariva mai. Anche dopo la scomparsa dei loro proprietari, tali dimore e i terreni venivano lasciati incolti e venivano invasi da erbacce e ratti. Questo capitava quando i dispositivi automatizzati di manutenzione si guastavano, o venivano scollegati dalla Nobiltà stessa poco prima di andarsene. Ciò portava gli umani a pensare che quelli erano luoghi vietati, e bastava la sola vista delle rovine a farli rabbrividire.

Nonostante le mura di difesa, il portone principale e il tabernacolo erano stati tutti sbalzati dalle loro fondamenta. Anche il campanile non se la passava meglio, col tetto crollato fisso verso la volta celeste. Il cortile conservava appena la sua forma originaria, ma faceva un ottimo lavoro nel rallentare il passo di Lina: cumuli di rovine e resti di edifici dai materiali misteriosi erano sparsi ovunque ed erano coperti di neve.

Lina non sapeva quando il castello fosse stato ridotto in quello stato, o per mano di chi. Tutto ciò era andato perso nelle pieghe del tempo e ora restavano solo i tentacoli di terrore che le rovine suscitavano nella collettività umana.

Anche vedendone l'interno, la storia di queste rovine rimaneva sfuggente. Ogni parte di essa era avvolta nel mistero.

Molti castelli erano stati costruiti dalla Nobiltà nella Frontiera con lo scopo esplicito di fornire una base da cui poter governare i mortali. La Nobiltà tendeva a scegliere luoghi rialzati per costruire i loro castelli, così da poter guardare giù e vedere gli umani lavorare ai loro piedi. Di conseguenza, descrizioni e storie di tali castelli permeavano la tradizione orale degli umani che lavoravano ai loro piedi. Le storie venivano tramandate attraverso i secoli, ma per qualche motivo nulla di simile era accaduto nel villaggio di Tepes.

Come la Nobiltà avesse vissuto, o quale fosse il loro scopo, era un qualcosa che agli abitanti del villaggio interessava meno della neve.

Lina trovò D nell’oscurità della stessa sala dove Lina lo aveva incontrato per la prima volta. Studiava silenziosamente qualcosa sul muro. Guardandolo, Lina ebbe la netta impressione che il tempo si fosse fermato.

"Ti ha colpito uno dei quadri?" disse, avvicinandosi. D non rispose, ma si voltò verso di lei.

"Dimenticavo, tu vieni qui spesso. Giusto?".

"Uh-huh," rispose lei, con fare affermativo. "Quando si tratta di questo castello, direi che sono la persona più informata in città. Non ho ben capito cosa tu stia cercando, ma iniziamo da queste?”.

Per un breve istante D scrutò il volto della ragazza, innocentemente sorridente, poi annuì.

I due fecero scorrere lo sguardo lungo la prodigiosa collezione di dipinti incastonati nelle pareti. Dipinti resi sufficientemente misteriosi dal semplice fatto che fossero stati lasciati lì. Lina aveva provato una profonda emozione la prima volta che li aveva visti e il suo petto si riempì nuovamente di calore mentre li osservava.

Uno raffigurava due amanti, avvolti in ali dal tessuto traslucido che attraversavano le ombre di un boschetto illuminato dalla luna.

Un altro una pallida Nobile ridente, mentre inseguiva una sfera luminosa, simile alla luna, attraverso la fitta nebbia di una riva lacustre.

C’era poi il quadro di un’altra Nobile, vestita di nero, che spronava una bestia misteriosa a trainare il suo carro volente in mezzo a una tempesta.

C’erano dipinti di unicorni sotto il chiarore della luna, ballerine luccicanti che spargono fiori, ecc… una sinfonia di luce, colore e ombra…

"Sono tutti opera di Nobili?" Lina non rivolse questa domanda a nessuno in particolare, ma non riuscì a trattenersi.

"L'ambientazione è sempre oscurità, tenebra, notte… il chiaro di luna e la nebbia, quindi perché sembrano così splendidi? Come possono dipingere un mondo così dolcemente, così surreale, quando noi non possiamo mettere piede fuori dal villaggio di notte senza spaventarci? La loro notte è in qualche modo diversa dalla nostra?".

D osservò la ragazza in silenzio. I suoi occhi erano grandi, luminosi e scintillanti di una curiosità senza fine. Quella era la ragazza destinata a formarsi nella Capitale.

"Dal momento in cui siamo piccoli, cresciamo sentendo parlare di quanto siano feroci e spaventosi i Nobili," continuò Lina, come dimenticando che D era accanto a lei.

"Dicono che la civiltà si auto-gestisca e si liberi delle cose che non sono adatte ad assicurare la sopravvivenza, per questo i Nobili sono morti. Eppure, quando guardo questi dipinti, il mio cuore batte veloce. La prima volta che li ho visti, ho persino pensato: 'se questo è ciò che possono realizzare, allora rendimi subito una Nobile'. Dopo di che, ho studiato di nascosto la loro storia. Anche il signor Meyer, che era sparito con me da piccolo, è interessato anche alla Nobiltà e ha una collezione di libri che ogni tanto mi presta - anche se ultimamente ha smesso e dice che dovrei concentrarmi solo sulla matematica. Per lo più, sono tutti testi scritti da umani col medesimo punto di vista degli adulti del villaggio, per cui ripetono le stesse cose. Ma c'era questo volume, un libro sulla storia della Nobiltà. Oh, come si chiamava..."

"Alba della Nobiltà, di J. Sangster. È stato bandito subito dopo la stampa, e l'autore è stato esiliato nella Frontiera".

"Assurdo! È esattamente quello che intendevo!" Lina schioccò le dita energicamente, non perché fosse sorpresa che un Cacciatore errante conoscesse un dettaglio così oscuro, ma deliziata nel trovare un argomento di conversazione.

"Se ricordo bene, analizzava l'arte lasciata dalla Nobiltà - dipinti, immagini olografiche e una specie di musica tridimensionale? - portando alla luce alcuni dei punti migliori della loro civiltà. L'ho letto e riletto, fino a rovinargli la costola. Volevo imparare di più sull’altro mondo, la civiltà notturna, e sulla Nobiltà. Sulla conoscenza che avevano, e sulla loro bellezza, e... " le parole della ragazza morirono, stava ritornando in sé, e si voltò di nuovo verso D.

"È stato deciso che studierò matematica nella Capitale. Ma quello che vorrei davvero studiare è la storia della Nobiltà".

Per un po', i due rimasero a studiarsi reciprocamente, avvolti nell’oscurità.

"Scherzo," rise improvvisamente Lina, come la folata che spegne una candela. "È vero che voglio studiare la loro storia, ma come candidata devo presentarmi davanti a una commissione della Capitale e dichiarare ufficialmente in cosa intendo specializzarmi. Matematica, fisica, musica, arte - accidenti, potrei persino scegliere ginnastica e sarebbero d'accordo. Ma se dicessi che è storia della Nobiltà... ".

Lina non dovette aggiungere altro. Era un argomento inciso nelle vene dell’umanità con pennellate di paura e oppressione.

"Ho sentito" iniziò D "che le politiche nella Capitale stanno gradualmente cambiando. Sembra che il direttore del Ministero dell'Istruzione sia un uomo con un certo apprezzamento per l'eredità della Nobiltà."

"Scordatelo!" rise maliziosamente Lina, portandosi dietro a D. "Non ho intenzione di giocarmi il mio unico biglietto d’uscita da qui. La decisione finale dipende dalla commissione, sai. Dirò loro 'matematica', e niente più".

D non disse nulla, ma si voltò a fissare un dipinto in lontananza.

Era un quadro che Lina stessa aveva sempre trovato intrigante. Di tutti i dipinti rimasti, era il più mastodontico, alto tre metri e largo due, completamente nero. Aveva l’aura più sinistra di tutti quanti.

"Ricordo di aver visto questo genere di cose un paio di volte nei miei viaggi. Tra centinaia di migliaia di opere d'arte, ho trovato ogni tanto una stranezza come questa. Alcun sono state completamente distrutte, altre bruciate. Di tutte solo una è stata mai restaurata".

Lina trovava le esperienze personali del Cacciatore miracolose, e i suoi occhi scintillavano mentre attendeva trepidante che le raccontasse di più.

"Non tenermi sulle spine! Di cosa si tratta questo dipinto?".

"Nobili che si alzano dalle loro bare, con le mani protese verso il sole".

Il più infruttuoso dei sogni.

"Chi potrebbe averlo dipinto?", si chiese Lina. "Chi lo ha dipinto? Chi lo ha rovinato? Chi li restaura? Potrebbe questo quadro trattare di tutt’altro? I Nobili volevano davvero essere come noi?".

Non c'erano risposte.

In tutto quel caos Lina non si accorse che l’orlo della sua gonna aveva inviato a svolazzare. C'era una brezza proveniente da qualche parte.

"Perché me l’hai raccontato?", chiese Lina dolcemente. "Dici che sono strana, ma se io sono strana allora tu sei pazzo. Qualsiasi cosa ti chieda, so che non mi darai una risposta, ma c'è una cosa che vorrei sapere comunque. Quando ti ho incontrato per la prima volta, mister grande cacciatore di vampiri, eri qui anche tu a guardare i dipinti, vero? Sei sicuro di odiare davvero la Nobiltà?".

D guardò di nuovo nel buio.

"Ho perso più tempo di quanto preventivato. È ora che torni al lavoro, quindi aspettami fuori".

"Neanche per sogno. Non dopo essere arrivata fin qui. Vengo con te!".

"Se succede qualcosa, sei sola. Non ti tirerò fuori dai guai".

"No, mi salverai sicuramente. Dopotutto, sono la tua preziosa assistente".

“Non illuderti” ribatté D, Lina era un'esperta nel portarlo al limite.

"Però, mister grande cacciatore, gentilmente dimmi cosa ti porta in queste rovine" disse con volto serio. D sospirò profondamente. Ancora una volta, sembrava che la ragazza lo tenesse in pugno.

"Per scoprire esattamente cosa è successo qui dieci anni fa".

"Lo sapevo," disse Lina con un cenno pesante del capo. "A prescindere da come la si guardi, c'è qualcosa di strano qui. Non c'è modo che i Nobili possano passeggiare alla luce del giorno, e c'è anche la situazione di Cuore".

Anche se il ragazzo era tornato in sé quella mattina, il suo fisico era deperito in maniera impressionante e non aveva risposto alle domande del sindaco e dello sceriffo.

Era estremamente difficile credere che Cuore fosse solo stato nel posto sbagliato al momento sbagliato, durante l'incidente della notte precedente. Anche se aveva sentito parlare dell'attacco alla donna, cosa improbabile visto che era stato chiesto di mantenere il silenzio sulla questione, l’intera Brigata Giovanile era a caccia di Cuore e non l’avevano trovato. E quello della sera precedente non era stato il primo avvistamento della creatura, e in entrambi i casi Cuore era presente.

"Tuttora continuano a sospettare di noi. È risaputo che io e Cuore possiamo salire sulla collina senza problemi, e scommetto che anche il signor Meyer potrebbe. Siamo tutti e tre nel mirino di quei teppisti della Brigata Giovanile, perché pensano che siamo dei Nobili che camminano alla luce del giorno".

"Hai avuto fortuna a non venir ferita".

"È merito del sindaco. È la ruota motrice del paese, è indubbio. È bravo a ottenere risorse dalla Capitale, e ci tiene a tenerci protetti dai mostri. Se non fosse stato per lui, il villaggio sarebbe stato spazzato via molto tempo fa. Anche se fosse sarebbe stato meglio così…".

Rendendosi conto della durezza delle sue parole, Lina abbassò gli occhi. Il sindaco era il suo padre adottivo, dopotutto.

"Nemmeno lui non è riuscito a dimostrare che non siamo collegati agli attacchi. Vedi, non c'era nessuno intorno a noi durante gli incidenti passati".

Questo fatto, insieme all'elenco che il sindaco gli aveva consegnato la sera prima, era stato debitamente archiviato nella memoria di D.

Meyer era single e viveva da solo, Cuore viveva da solo e Lina aveva l'abitudine di rinchiudersi nella sua stanza appena calava il sole.

Il trio finora era rimasto indenne solo perché era passato quasi un decennio dalla loro scomparsa.

"Puoi scalare la collina. È successo qualcos'altro di straordinario?" chiese D, tenendo la mano destra sul volto con fare curioso.

Il gesto stupì la ragazza, che dopo un attimo scosse la testa. Era una risposta sincera.

D annuì e mormorò: "direi che è meglio incamminarsi". Non era chiaro se fosse correlato alla risposta di Lina o meno.

Si diressero rapidamente attraverso l'oscurità. Dopo poco una porta finemente intagliata apparve davanti alla coppia. Sebbene ne fosse a conoscenza, Lina non era mai stata oltre. La paura era più della curiosità.

La ragazza si aspettava che il Cacciatore le ordinasse di tornare a casa; invece, D aprì con noncuranza la porta e si fuse nell’oscurità. Fremente Lina attraversò la porta, stupita. Si trattava di una lastra di dieci centimetri di una rinomata lega di super-acciaio; pure dei ventenni robusti avrebbero avuto difficoltà a muoverla. Per la prima volta, Lina si rese conto di quale mostro stesse seguendo nell’oscurità.

Fece un passo avanti, mentre il terrore di essere inghiottita dall'oscurità di un mondo impensabile le gelava il sangue.

***

Il bosco brulicava di vita. La luce si faceva strada tra gli alberi spogli, punteggiando il terreno dei primi ricordi della primavera, mentre l’aria gelida riempiva i polmoni di Bess Fern.

Lasciando il sentiero, notò l’aumento nell’umidità. Anche se era ancora inverno, quell’angolo di bosco era stranamente caldo. Sui tronchi degli alberi crescevano muschi e funghi in ogni tonalità dal blu, verde e viola, toni che erano palesemente innaturali.

Bess si mosse cauta, facendo attenzione a non scivolare, e infine si inginocchiò alle radici di un tronco colossale.

L’ordine dello sceriffo per nessuno doveva girare da solo in quei giorni non era arrivata a casa sua fino a dopo che lei era partita.

Un sorriso si diffuse sul suo viso paffuto e mascolino.

Come previsto, il muschio commestibile che aveva visto tre giorni prima riempiva lo stretto spazio tra le radici serpeggianti.

Non aveva dormito per paura che qualcuno potesse averlo già raccolto, e aveva fatto bene a venire a controllare.

Nei villaggi e nei borghi della Frontiera, questo muschio era un prezioso sostituto del cibo, utilizzato praticamente in qualsiasi tipo di cottura - dalle bistecche, alle zuppe, alle marmellate. Una volta essiccato al sole, il muschio durava da sei mesi a un anno. Inoltre, l'essenza del muschio poteva essere estratta utilizzando la centrifuga e le ferite ricoperte da questa pomata si chiudevano quasi istantaneamente. La sua utilità nel contrastare il veleno degli uomini falena lo rendeva un elemento indispensabile per i viaggiatori e gli altri girovaghi.

Bess aveva in programma di barattare quel muschio con il mercante, che passava al villaggio all'inizio della primavera, per alcuni abiti alla moda dalla Capitale. Nella sua mente si vedeva già sfoggiare i nuovi vestiti.

Infilando cautamente una pala dove il muschio incontrava il terreno, mise il bottino verde nel suo cesto in modo da non sbriciolarne la superficie friabile.

Dopo dieci minuti, il cesto era pieno fino all'orlo.

Restava un pezzo abbastanza grande, ed era abbastanza sicura che ‘quelle cose’ che teneva suo padre avevano una predilezione per quel muschio.

Pensò che tanto valesse prenderne un po’ di più, ma si bloccò con le mani protese in avanti: una nuvola aveva oscurato il sole.

No, non era una nuvola, ciò che copriva Bess era chiaramente l'ombra di qualcosa di umanoide.

Il grido che lanciò fu il suo ultimo atto di sfida prima che la sua vita di diciasettenne venisse stroncata.

Cyrus Fern riconobbe immediatamente il grido che salì dalle cime degli alberi. Sentendo la trasmissione dello sceriffo, e realizzando che sua figlia era uscita da sola, si mise subito alla ricerca intuendo che fosse nei boschi muschiati di cui lei parlava tanto. Tutto il suo corpo tremava per la rabbia e la disperazione.

Chiamava il nome di sua figlia correndo, posò le mani sui coperchi dei cestini di dimensioni moderate che aveva su entrambi i fianchi e li sciolse. Le cose all'interno diventavano sempre più agitate e, all'apertura del cesto di destra, si levò un ruggito brutale.

All'improvviso, scintille violette partirono dalla bocca del cesto di sinistra, e Fern non perse tempo a ritirare la mano. Si sarebbe pensato che ci fosse abituato, ma ‘quelle cose’ erano sempre difficili da gestire. Le punte delle dita del guanto della mano sinistra erano bruciate, e il fumo bluastro si levava verso il cielo.

Nell'istante in cui balzò giuste nel luogo in cui pensava di trovare la figlia, gli occhi di Fern si spalancarono con rabbia.

Cullata tra le braccia di una figura avvolta in panni grigi, Bess fissava vuotamente il cielo, mentre due scie di sangue le scorrevano lungo la gola. La sua pelle sbiadiva a vista d’occhio. La disperazione divenne un torrente di rabbia che inondò ogni fibra di Cyrus Fern. Non c’era possibilità di salvare sua figlia e scoperchiò i coperchi dei cestini.

La figura grigia si voltò nella sua direzione.

Al tonfo del corpo di Bess, che cadeva sul tappeto muschioso, si unì il rumore dell’atterraggio delle creature mostruose dei cestini di Cyrus.

Erano due, anche se erano una strana coppia.

Bloccati dalla monumentale rabbia del loro padrone, il ragno titanico, con zampe di tre metri, e la nube viola, guardavano torvo la figura grigia.

Chiunque conoscesse che lavoro faceva Cyrus sapeva che non avrebbe portato nulla di buono anche solo sfiorare sua figlia. I viaggiatori avevano bisogno di qualcosa per difendersi contro gli spietati banditi e i demoni generati dalla Nobiltà, e spesso acquistavano mostruose creature da guardia. Così Cyrus Fren, il capo del Comitato di Vigilanza, le addestrava e le vendeva.

Tali bestie da guardia discendevano dai demoni e dalle mostruosità create dalla Nobiltà. Nel corso delle generazioni erano nate numerose mutazioni e nuove specie. Da circa duemila anni, alcuni rari casi erano stati addomesticati dagli umani. Veniva insegnato loro di stare buone finché una certa onda sonora, o formula magica, non le attivava – non era una scienza esatta.

Cyrus Fern possedeva tali creature.

Era incomprensibile che un tale aracnide massiccio fosse stato rinchiuso in un cesto delle dimensioni di una gabbia per uccelli, e la nube viola era pure più assurda. La massa fumosa che ribolliva dal cuore della nuvola formava un perimetro largo più o meno quanto il ragno, e ogni volta che una luce colpiva la parte centrale, scintille viola volavano ovunque.

Era una delle forme di vita più bizzarre sulla terra: una bestia elettrica.


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