Un salto del genere era una manovra miracolosa possibile solo coordinando polmoni, colonna vertebrale e muscolatura in una frazione di secondo.
Era qualcosa che solo i licantropi sapevano fare.
Anche i gruppi di Cacciatori di Licantropi occasionalmente cadevano vittime di attacchi come questo, perché i licantropi erano più imprevedibili di quanto si dicesse e i Cacciatori non erano preparati a contrastarne la vera minaccia.
Queste creature demoniache potevano colpire la loro preda da angolazioni e direzioni che erano palesemente impossibili, e l'attacco avveniva in totale silenzio.
Tuttavia, gemiti di dolore sgorgarono dalla gola della bestia mentre si accucciava tra i cespugli.
Sangue zampillò tra le dita premute contro il suo fianco destro, inzuppando l'erba.
I suoi occhi, arrossati di malizia e agonia, fissi sulla lama che brillava di luce lunare nella mano destra di D, mentre il Cacciatore si ergeva di fronte a lui in silenzio.
Proprio quando il licantropo stava per conficcare i suoi artigli, D aveva estratto la spada con una velocità spaventosa e l'aveva piantata nel fianco del suo avversario.
"Impressionante", disse uno di loro.
Stranamente, quel qualcuno era D, che era convinto di aver tagliato in due il licantropo.
"Finora, non avevo mai visto di cosa fosse capace di fare un vero licantropo".
La sua voce bassa seminava i semi di una nuova varietà di paura nel cuore della bestia che giaceva tra i cespugli.
Le zampe della bestia potevano generare rapidi scatti quasi alla metà della velocità del suono.
C'era stato meno di un cinquantesimo di secondo tra il momento in cui aveva saltato e il suo attacco.
Il che significava che il giovane era riuscito a brandire la spada e squarciare il suo ventre ancora più velocemente.
Ancora peggio, la ferita del licantropo non si chiudeva!
Questo non sarebbe stato così insolito mentre era in forma umana, ma una volta assunta la forma bestiale, le cellule del licantropo erano come organismi unicellulari, conferendo loro il potere rigenerativo di un’idra.
Le cellule creavano altre cellule, chiudendo istantaneamente le ferite.
Ma la lama che il licantropo aveva appena assaggiato rendeva impossibile la rigenerazione.
Anche se, probabilmente, non era dovuto alla lama, ma piuttosto alla maestria del giovane che la brandiva.
La pelle e il tessuto muscolare, capaci di respingere i proiettili, non mostravano alcun segno di rigenerazione!
"Cosa ti succede, Garou?" urlò la giovane vampira.
"Nella forma di lupo, dovresti essere invincibile!
Non giocare. Ti ordino di sbranare immediatamente quest'uomo!"
Nonostante sentisse la sua padrona rimproverarlo, il licantropo Garou non si mosse, in parte a causa della ferita e per timore della divina maestria del giovane con la spada.
Ciò che davvero lo terrorizzava era la volontà di uccidere che era sgorgata da ogni poro del giovane, poco prima che lo colpisse.
"Quello non poteva provenire da un umano!"
"È uno di quelli? Un dhampir?" pensò Garou, rendendosi conto di aver finalmente incontrato un avversario degno.
D si rivolse alla giovane vampira e disse dolcemente: "La tua guardia è ferita.
Se non mi attacca di nuovo, potrebbe vivere a lungo. Anche tu potresti farlo.
Torna a casa e racconta a tuo padre che è sorto un ostacolo. E che sarebbe folle attaccare di nuovo questa fattoria".
"Silenzio!" gridò la giovane donna, il suo viso splendido trasformandosi in quello di una banshee.
"Io sono Larmica, figlia del Conte Magnus Lee, il sovrano dell'intero distretto di Ransylva.
Pensi che possa venir sconfitta da te e dalla tua spada?"
Prima che finisse di parlare, un bagliore bianco scaturì dalla mano sinistra di D.
Era un ago lungo circa trenta centimetri, estratto e lanciato più veloce di quanto l'occhio umano potesse vedere.
Era fatto di legno e puntava al suo petto.
Mentre viaggiava a quella velocità incomprensibile, l'ago bruciava a causa dell'attrito dell'aria, e ciò scatenava la luce bianca.
Ma qualcosa di strano accadde.
Nel momento in cui stava per affondare nel petto di Larmica, aveva fatto dietrofront ed era tornato indietro, e D lo aveva fermato con la mano nuda.
O, per essere più precisi, Larmica aveva afferrato l'ago con una velocità sovrumana e l'aveva lanciato di nuovo altrettanto rapidamente.
La persona media non avrebbe nemmeno visto la sua mano muoversi.
"Il servo è solo un servo. Il padrone rimane pur sempre il padrone… ben fatto" mormorò D, senza curarsi dell'ago infuocato nella sua mano o del fatto che bruciava costantemente la sua carne.
"Per premiare questa dimostrazione di abilità, ti dirò il mio nome.
Sono il Cacciatore di Vampiri D. Ricordatelo, se sopravvivi".
Mentre parlava, D si lanciò verso la giovane vampira senza fare alcun rumore.
Il terrore si insinuò nell'espressione di Larmica.
In un battibaleno, la distanza tra loro si ridusse fino a che la spada…
"Auoooooooooh!"
Un ululato feroce scosse l'aria notturna, e un lampo indaco partì dalla postazione del cocchiere.
D si tuffò di lato per evitarlo.
Riuscì a evitare il raggio perché il suo udito sovrumano aveva captato il suono del cannone laser, sulla postazione, che si orientava verso di lui.
Il raggio trapassò l'orlo del suo cappotto, accendendolo di fiamme blu pallido.
Presumibilmente, il cannone era dotato di circuiti di riconoscimento vocale e di un sistema di puntamento elettronico che rispondeva agli ululati di Garou.
Per evitare i bagliori blu che volavano, con precisione infallibile, verso i punti in cui si trovava, a D toccò continuare a volteggiare per aria.
"Milady, da questa parte!"
D sentì la voce di Garou dal posto del cocchiere.
E sentì il suono della portiera mentre si chiudeva.
D cercò di inseguirli, ma un altro colpo del cannone laser arrestò il suo avanzare.
La carrozza si voltò e fu inghiottita dalle tenebre.
"Mi prenderò cura di te un altro giorno, miserabile, ricordalo!"
"Non dimenticherai presto l'ira della Nobiltà!"
Che fosse soddisfatto di aver respinto il nemico, o contrariato di non essere riuscito a mettere fine alla vampira, D non mostrava alcuna emozione sul volto mentre si alzava.
Le parole di addio intrise di malvagità dei due risuonavano nella notte.
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