“Impossibile” pensò.
“Sono proprio le parole che ho sentito da Sua Altezza. Dal grande, dal Sacro Antenato della nostra specie.
Quel fetido rospo non può certo conoscere cose del genere”.
Sentì la voce di D.
"È tutto quello che hai da dire?"
"Stupido!" le urla del padre e della figlia risuonarono nella vasta sala.
Le trattative erano fallite.
Le labbra del Conte si contorsero in un sorriso spietato e sicuro.
Schioccò le dita della mano destra, una tempesta di costernazione invase il suo pallido viso pochi secondi dopo, quando si accorse che le innumerevoli armi elettroniche montate per tutta la sala non funzionavano.
Il pendente sul petto di D emise una luce blu.
"Non so pensassi di fare, ma le armi della Nobiltà non funzionano contro di me".
Con queste parole, D si scagliò avanti.
Con una velocità fulminea, che non lascia scampo, estrasse la spada in volo e la portò sul suo lato destro.
Appena atterrò, la sua micidiale stoccata diventò una lama di argento che si conficcò nel petto del Conte.
Si udì il suono della carne che colpiva la carne.
"Eh?!"
Per la prima volta, una sorpresa apparve nel bel viso di D, di solito privo di espressione.
La sua lunga spada fu bloccata completamente, fermata tra le mani del Conte a circa venti centimetri dalla punta.
Vista la loro posizione, D poteva esercitare più forza sulla spada, ma anche se ci mise tutta la sua potenza, la lama non si mosse di un centimetro, come se fosse conficcata in un muro.
Il Conte mostrò i suoi denti aguzzi e rise.
"Cosa ne pensi, traditore? A differenza della tua rozza scherma, questa è una tecnica degna di un vero nobile.
Quando arriverai all'inferno, racconta quanto sei rimasto sorpreso!"
Detto questo, il vampiro si mosse verso destra. Forse era qualche trucco segreto che il Conte, o il modo in cui metteva la sua morsa, qualunque fosse la ragione D non riuscì a togliere la mano dalla impugnatura.
Fu trascinato insieme alla spada al centro della sala.
Tuttavia...
Il Conte fu preso di sorpresa, il fiato gli venne tolto.
Non si sentì alcuno schianto: il giovane aveva fatto delle capriole in aria, come un gatto, e atterrò con il lembo del cappotto che sventolava intorno a lui.
O meglio, stava per atterrare.
Il pavimento era sparito e D continuò a cadere, in un buco nero che si era aperto improvvisamente sotto di lui.
Mentre sentiva il cigolio delle botole ai lati del vasto pozzo che si chiudevano, il Conte volse lo sguardo verso l'oscurità dietro di lui.
Larmica apparve.
"È una trappola primitiva, ma è stata una fortuna per noi averla messa lì, no, Padre?
Quando tutte le vostre amate armi atomiche sono inutili, è stata una fossa a liberarci di quel fastidio".
Al suono della sua risata affascinante, il Conte fece una smorfia.
Aveva riluttantemente permesso l'installazione di questa trappola a causa delle suppliche di Larmica.
"Non c'è modo che l'abbia previsto" pensò il Conte "ma questa ragazza, per quanto sia mia figlia, a volte sfugge alla mia comprensione".
Scuotendo via la sua smorfia, disse: "nello stesso istante in cui l'ho scagliato, hai tirato corda della botola.
Chi, se non mia figlia, sarebbe capace di fare una cosa del genere?
Ma è davvero la cosa migliore?"
"Che cosa è la cosa migliore?"
"Ieri sera, quando sei tornata dalla fattoria e hai parlato del giovane che abbiamo appena eliminato...
Il tono della tua voce, come mi hai supplicato...
Nemmeno io, tuo padre, ricordo di averti mai sentita così indignata, ma la tua indignazione aveva un sentimento febbrile che era altrettanto nuovo.
Potrebbe essere che tu sia attratta da quel teppista?"
Nonostante le parole inaspettate di suo padre, Larmica indossò un sorriso che sfidava ogni descrizione.
Non solo quello, ma si leccò pure le labbra.
"Credi che potrei lasciar cadere giù un uomo che amo?
Padre, come suo architetto tu sai meglio di chiunque altro le fondamenta del castello sono un inferno vivente.
Dhampir o meno, nessuno potrebbe uscire vivo da quella maledetta fossa. Ma..."
Qui Larmica fece ancora una ghigno spettrale che fece perfino sobbalzare il Conte Lee, suo padre.
"Se riuscirà a sfuggire di lì solo con una spada e la forza delle sue membra, mi dedicherò a lui anima e corpo.
Per l'eterna vita e le diecimila sanguinose ere della storia della Nobiltà, giuro che lo amerò.
Amerò il Cacciatore di Vampiri D".
Ora era il turno del Conte di sorridere amaramente.
"È un inferno per quelli che disprezzi, e un inferno ancora peggiore per quelli che desideri.
Anche se non credo che ci sia nulla in questo mondo che possa affrontare le tre sorelle e vivere per raccontarne la storia".
"Certamente, Padre."
"Tuttavia" continuò il Conte, "se lui sopravvivesse e tu lo incontrassi di nuovo, cosa faresti se respingesse le tue attenzioni?"
Larmica rispose istantaneamente.
Fiamme di gioia si sollevarono dal suo corpo.
I suoi occhi brillavano selvaggiamente, ma erano anche umidi di lacrime, le sue labbra cremisi si aprirono leggermente e la sua lingua liscia leccò le labbra come se avesse una propria volontà.
"In quel caso, gli infliggerò un colpo mortale.
Gli strapperò il cuore e gli taglierò la testa.
E allora lui sarà veramente mio. E io sarò sua.
Gusterò il dolce sangue che fuoriesce dalle sue ferite e, dopo aver baciato le sue labbra pallide e inaridite, aprirò il mio petto e farò scorrere il caldo sangue della Nobiltà nella sua gola spalancata."
Quando Larmica se ne andò, dopo la sua dichiarazione d'amore incredibilmente brutale e fervente, l'espressione del Conte era un misto di rabbia e apprensione, e rivolse lo sguardo verso il pozzo.
Premette una mano contro il lato sinistro del petto attraverso il mantello.
La stoffa era intrisa di sangue.
Il suo sangue.
Sebbene all'apparenza avesse fermato la lama di D, più di un centimetro della punta era penetrato nella sua carne immortale.
Forse c'era qualcosa nella spada, poiché, a differenza di qualsiasi ferita che avesse mai subito in battaglia, non si era ancora chiusa, e il sangue, fonte della sua vita, continuava a scorrerne fuori.
"Ora ho qualcosa da temere. Potrebbe persino..."
Il Conte cancellò dalla mente ogni pensiero su cosa potrebbe accadere se dovesse affrontare di nuovo il giovane in una battaglia all'ultimo sangue.
Considerando ciò che attendeva il ragazzino nel mondo sotterraneo, D non aveva nemmeno una chance su un milione di tornare in superficie.
Volgendo le spalle alla sala, il Conte stava per tornare alla sua dimora oscura quando le parole sussurrate dal giovane riaffiorarono nella sua mente.
Parole che il Conte aveva sentito pronunciare da un'autorevole personaggio.
Una frase che avrebbe potuto rendere malinconici i volti di ogni Nobiltà, estinta o ancora viva, ogni volta che veniva pensata.
Come poteva quel giovane sapere quelle parole?
“Siamo ospiti passeggeri”
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