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Vampire Hunter D Volume 1 Capitolo 7B

Immagine del redattore: Makine-kunMakine-kun

Aggiornamento: 27 dic 2023

Doris si sentì tirare appresso, con una forza brutale che nemmeno Greco avrebbe potuto eguagliare.

Non poteva scappare.

Il respiro di Larmica aveva il profumo di fiori.

Fiori nutriti con il sangue.

I due volti si stavano avvicinando, pronti a diventare uno.


"AAAAH!"

Uno urlo scosse l'oscurità.

Tremante, Larmica si coprì il viso.

Lo aveva visto nell'oscurità. Anzi, lo aveva sentito.

Il dolore provocato dal sacro segno della croce che suo padre aveva visto sul collo della ragazza due giorni prima! Appariva solo quando il respiro di un vampiro cadeva su di esso.


I vampiri stessi non sapevano perché ne avessero paura.

Sapevano solo che, anche senza vederlo, la loro pelle poteva sentire la sua presenza.

E a quel punto una forza senza nome li vincolava.

Questa era la debolezza che non potevano permettere agli umani di scoprire.

Qualcosa che si era perso nelle profondità della storia grazie a secoli di ingegnosa manipolazione psicologica; quindi, come poteva questa ragazza avere quel segno sul collo?


Anche se Doris non capiva perché Larmica, che aveva goduto di un vantaggio schiacciante fino a un secondo prima, avesse improvvisamente perso la testa.

"Devo scappare!"

"Greco, stai bene?"

"Ehm, più o meno".

La risposta dubbia che proveniva dal suolo accanto a lei suggeriva che forse aveva sbattuto la testa.


"Sali! Se non ti muovi, ti lascio qui!"

E con quella minaccia Doris afferrò le redini in mano e gli diede un colpo.

Aveva intenzione di far cadere Larmica con una scossa improvvisa.

Ma i cavalli non si mossero.

Doris notò finalmente un uomo con un mantello che si trovava di fronte ai cavalli e li teneva per le briglie.

Poco dopo, diverse figure spuntarono dal limitare del bosco.


"Poiché il dottore era in ritardo, pensavo fosse successo qualcosa e i sospetti si sono rivelati corretti" disse una delle sagome, con una voce a malapena trattenuta dalla rabbia.

Era il Conte.


Anche se il suo cuore affondava nella disperazione, Doris era sempre la stessa donna guerriera che aveva amaramente resistito al Conte fino ad allora.

Vedendo che la frusta, che il Dottore le aveva preso poco, prima giaceva sul sedile accanto a lei, Doris la afferrò e la scagliò verso il Conte.


"Che cosa?" gridò Doris, Garou sorrise ampiamente.

Doris era sicura di avergli spaccato il viso, ma lui scostò la testa e afferrò l'estremità della frusta tra i denti.

"Grrrrr!" con un ruggito bestiale, iniziò a masticare la frusta di Doris, un'arma che aveva resistito alle spade senza problemi.


"Un licantropo!", gridò Doris sorpresa.

"Esatto" rispose il Conte.

"Lui mi serve, ma a differenza di me è piuttosto irruente.

Un'altra cosa che potresti voler considerare: gli ho detto che, se tu ci creerai problemi, ha il mio permesso di farti del male.

Potrebbe essere divertente avere una sposa senza dita di mani e piedi".


All'improvviso ci fu un boato.

Ancora sdraiato a terra, Greco aveva sparato con la sua pistola a dieci colpi.

La polvere ad alta potenza - quella che poteva facilmente perforare l'armatura di creature più grandi - avvolse il Conte e quelli vicino a lui rovente di fiamme.

Il Conte nemmeno si degnò di guardare Greco e le fiamme furono prontamente inghiottite dall'oscurità.

Tale era il potere del campo di forza del Conte.


"Raaarrrrrr!" il licantropo ringhiò contro Greco.

A metà della sua trasformazione, gli lanciò uno sguardo con occhi rossi come il sangue.

Greco emise un guaito e si immobilizzò.

Dalle braghe del ragazzo si alzò del fumo bianco.

La paura aveva avuto la meglio sulla sua vescica, ma chi poteva biasimarlo?

Le spalle di Doris crollarono.

L'ultima briciola di volontà che possedeva fu completamente sradicata.


"Padre..."

Larmica scese a terra come una brezza.

Con gli occhi scintillanti, il Conte le lanciò uno sguardo severo e disse: "so esattamente cosa hai cercato di fare.

Figlia o no, questa volta non te la caverai facilmente.

Sarai punita al nostro ritorno al castello e adesso allontanati!"


Ignorando Larmica che si avviava silenziosamente oltre di lui, il Conte tese una mano verso Doris.

"Bene, ora è meglio che tu venga con me".

Doris si morse il labbro.

"Non essere così soddisfatto di te stesso! Qualunque cosa mi accada, D vi ammazzerà tutti".


"Lo farà davvero?" il Conte sorrise.

"In questo momento lo sbarbatello e tuo fratello minore sono occupati con una nostra conoscenza in comune.

C'è sempre la possibilità che sopravviva, ma ho dato ai suoi nemici un'arma segreta".

"Padre ..."

Dagli alberi alle spalle del Conte, Larmica indicò Greco accovacciato a terra. "Quell'uomo aveva con sé l'Incenso Ingannatore del Tempo".


"Cosa!"

Anche attraverso l'oscurità, la repentina contrazione del volto del Conte era evidente.

"Non può essere. L'ho dato a Rei Ginsei".

Ci fu una pausa, e dopo aver scrutinato attentamente il volto di sua figlia disse: "Vedo che dici la verità, il che significa che lo sbarbatello è.…"


"Esatto".

Una voce bassa fece rabbrividire tutti coloro che si trovavano lì.

Il Conte guardò di nuovo dietro di sé, e gli occhi di Doris si mossero nella stessa direzione - verso Larmica.

O meglio, verso qualcosa che si stagliava tra gli alberi alle sue spalle.

Una figura di bellezza ultraterrena.


"Sono qui".

Un gemito uscì dalla gola del Conte.

"Non immaginavo che sarebbe tornato vivo..."

Senza l'incenso a giocare un ruolo cruciale nel duello, la sopravvivenza del Cacciatore sarebbe stata tutt'altro che impossibile.

Ma a meno che non avesse un'astronave di qualche tipo, a D sarebbe accorsa almeno un'altra ora a cavallo per coprire la distanza dal luogo del suo duello con Rei Ginsei.


Eppure, eccolo lì: un tutt'uno con l'oscurità, e né lo sguardo penetrante del Conte, né il radar tridimensionale dei robot sentinelle lo avevano rilevato.

Le sentinelle robot si rivolsero nella direzione di D, ma un attacco era ovviamente impossibile.


"Non azzardarti a fare nulla, o non avrò pietà di lei".

Garou stava per balzare su Doris, quando una voce bassa ma non particolarmente dura lo immobilizzò.

"Doris, tu e quell'altro portate la carrozza qui. Siate veloci!".

"S-subito!" rispose Doris sognante, non solo per il sollievo di essere stata salvata, ma anche perché D l'aveva chiamata per nome per la prima volta.


“Garou, afferra la ragazza," comandò il Conte con fermezza.

Mentre la figura nera si preparava nuovamente a balzare sulla carrozza, venne fermata da un'ulteriore voce decisa - quella di Doris.

"Ti avvicini mi mordo la lingua!"

Il licantropo ringhiò forte e si fermò, irritato.

Greco si accomodò nella carrozza.


"Sono pronta a morire prima di diventare uno di voi.

Se deve essere qui e ora, non m'importa".

Le minacce di un insignificante essere umano - una semplice ragazza di diciassette anni - silenziarono il Conte.

A tutti gli effetti, D e Doris avevano vinto il dibattito.


Il Conte era ossessionato da Doris e la voleva ad ogni costo.

Se Doris si fosse uccisa, sarebbe stata la fine di tutto.

"Sarà per la prossima volta".

La carrozza agitò l'aria notturna mentre correva verso D e il Conte guardò Larmica per la prima volta, poco prima che le due figure salissero sulla carrozza.


La parte più sorprendente di quell'incontro era che D non aveva mai toccato la spada.

Anche quando aveva preso in ostaggio Larmica, non l'aveva minacciata con la lama.

Larmica aveva eseguito gli ordini di suo padre, e quando aveva avvertito presenza di D dietro di lei era già troppo tardi.

Non poter muovere un muscolo.

Era paralizzata dall'aura travolgente che emanava, un'aura che solo i sensi sovrumani dei vampiri potevano apprezzare appieno.

La stessa aura aveva impedito al Conte e Garou di agire.


"Cosa intendi fare con mia figlia?" chiese il Conte a D, che manteneva uno sguardo fisso su di lui e il suo gruppo dalla parte posteriore della carrozza.

Non ci fu risposta.

"La piccola imbecille continua a ostacolarmi e mi ha fatto perdere l'occasione di una vita.

Non la considero più mia figlia.

Lasciatela al sole finché non resteranno che le ossa!"


Parole dure dette da un padre, ma in generale la razza dei vampiri aveva concetti estremamente diluiti di amore e considerazione, rispetto agli esseri umani.

Molto probabilmente questa caratteristica li aveva portati alle vette della prosperità per poi guidarli rapidamente alla rovina.

Quando quelle parole raggiunsero le orecchie di Larmica, lei non alzò nemmeno un sopracciglio.


"Doc, torneremo a prenderti più tardi!" mormorò dolorosamente Doris, e la carrozza partì.

Dopo un breve tratto di pianura, si sent un cavallo nitrire poco più avanti.

Apparentemente, chiunque fosse lì fuori li aveva notati.

"Chi è? Sei tu, Sorella?!"

"Dan! Stai bene, vero?!" chiese Doris, con la voce quasi roca per il pianto, mentre guidava la carrozza verso suo fratello.


Dan era a cavallo e teneva le redini di un secondo cavallo; quello di Rei Ginsei, e lo avevano portato per Doris.

Avevano pianificato di tornare a casa cos, ma sfortunatamente avevano raccolto un bagaglio indesiderato.

Il motivo per cui D aveva detto a Doris e Greco di usare la carrozza era proprio per problemi di trasporto.

"Distribuiamo il carico.

Voi due salite sul cavallo. Dan, tu vieni qui con me".


Con 'voi due' intendeva Doris e Greco.

Poiché molte delle cose che stavano accadendo negli ultimi minuti erano al di là della sua comprensione, Greco era confuso e obbediva agli ordini senza fiatare.

In pochi secondi ognuno era al suo posto.


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