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Vampire Hunter D Volume 1 Capitolo 7E

Immagine del redattore: Makine-kunMakine-kun

Aggiornamento: 27 dic 2023

"Capisco; il Conte probabilmente tornerà.

È meglio che mangi presto e metti Dan a letto."

"Hai ragione".

Doris afferrò il manico della lattina con entrambe le mani e la portò da un lato della stalla.

Per qualche motivo, non aveva più forza.


"Lascia stare, ci penso io" disse D, avendo notato quanto traballavano le sue gambe.

"Sto bene!" il tono era così brusco che soprese persino lei.

Le lacrime le rigarono il viso.

Lasciando cadere la lattina a terra, corse via singhiozzando.

Mentre D la seguì, anche se il suo passo tranquillo faceva sembrare il tutto poco più di un accompagnamento.


Dan lo guardò con sguardo apprensivo dalla veranda.

" È corsa sul retro a piangere.

Avete litigato o qualcosa del genere?" chiese Dan.

D scosse la testa.

"No. Tua sorella è solo preoccupata per te."

"Sai, mi hanno detto che un uomo non dovrebbe far piangere una donna."

D sorrise ironicamente.

"Hai ragione. Andrò a scusarmi".


Fecero alcuni passi, poi D si rivolse nuovamente a Dan.

"Ti ricordi ancora della promessa che hai fatto, vero?"

"Sì."

"Hai otto anni ora.

Tra altri cinque anni, sarai più forte di tua sorella.

Non dimenticarlo".


Dan annuì.

Quando alzò il viso, brillava di lacrime.

"Andrai via, D? Una volta che avrai ucciso il Conte, intendo."

D scomparve dietro la casa senza dare una risposta.


Doris era appoggiata alla recinzione.

Le sue spalle tremavano.

I passi di D erano silenziosi mentre si avvicinava e si portava dietro di lei.

Una fresca brezza attraversava il mare d'erba oltre la recinzione, e si insinuava tra i suoi capelli neri.


"Dovresti andare in casa" disse D.

Doris non rispose, ma dopo un po' borbottò: "Avrei dovuto cercare qualcun altro.

Una volta che sarai andato via, non potrò più vivere come facevo prima.

Prima riuscivo a portarne due lattine alla volta.

Non avrò più la forza di mettere Dan in riga quando ne avrà bisogno, o di respingere quelli che verranno qui a corteggiarmi.

Ma tu te ne andrai comunque".


"È sempre stato così; lo supererai. O così, o sarà la mia morte".

"No!" Doris seppellì improvvisamente il viso nel petto muscoloso di D.

"No, no, no."


Non sapeva esattamente per cosa stesse protestando.

E non sapeva nemmeno perché stesse piangendo.

Né la giovane donna piangente, come se il piangere potesse trattenere quel fantasma dall'andarsene, né il giovane uomo con l'aria malinconica che la sorreggeva, si mossero per molto tempo.

E poi, dopo un po'...


Doris alzò improvvisamente il viso, aveva sentito D ringhiare dolcemente.

Doris stava per chiedere cosa succedesse, quando il suo capo fu forzato nuovamente contro il petto di D dalla sua formidabile forza.

Passarono ancora pochi secondi.


Le due sagome si fondevano nel bagliore rosso, ma tra di loro si sentirono le parole: "va bene" con voce febbrile.

Nessun'altra parola fu detta, e presto D spinse delicatamente Doris via e tornò rapidamente verso la casa.


Mentre girava l'angolo del fienile, una voce disse beffardamente: "Perché non hai bevuto il suo sangue?"

La voce proveniva dall'altezza della vita di D.

"Stai zitto".

Per una volta, la voce di D mostrava un'emozione non mascherata.


"La ragazza lo sapeva; sapeva cosa volevi.

Oh, non fare quella faccia con me.

Puoi combatterlo quanto vuoi, ma hai il sangue della Nobiltà nelle tue vene.

Il fatto che quando ti interessa una donna, sei più interessato ad azzannarla al collo che portarla a letto, ne è la prova".


Era vero.

Quando Doris si era aperta con lui e lui aveva sentito il suo corpo caldo singhiozzare contro il suo petto.

L'espressione di D era diventata la stessa espressione da lurido vampiro che si era dipinta sul suo volto quando aveva bevuto il sangue delle Meduse di Midwich, nell'oscurità del canale sotterraneo.

Ma questa volta, grazie alla sua impressionante volontà, era riuscito a combattere l'impulso.


Mentre D continuava a camminare, la voce gli disse: "La ragazza ha visto il tuo vero volto.

Scommetto che ha sentito il tuo respiro mentre le sfiorava il collo.

Ha sentito l'odore del tuo sangue maledetto.

Eppure, ha detto che non le importava.

Vacci piano con la tua recita da bravo ragazzo.

Combatti il tuo desiderio e neghi i desideri della ragazza: è questa la condotta di un dhampir adulto?

Sei sempre in fuga; dal tuo sangue e dalle persone che ti vogliono.

Quando dici loro che è destino che vi separiate, è solo una bella scusa.

Ascoltami. Tuo padre -".


"Stai zitto" le parole erano le stesse di un attimo prima, ma l'aura sinistra che c'era dietro faceva capire che questa volta era molto più di una minaccia.

La voce si fece silenziosa.

Salendo le scale della veranda, D rivolse uno sguardo pensieroso alla prateria e mormorò: "Ma devo andare, devo trovarlo."


"Oh, merda!"

Quando lo sguardo duro di D riempì il campo delle lenti, una figura ombrosa si abbassò rapidamente, temendo che D lo avesse visto, dimenticando che si trovava su una collina a 300m di distanza.

Non era altri che Greco, il figlio scapestrato del sindaco, che molti credevano essersi allontanato dal villaggio, indossando la sua tuta da combattimento.


"Quel figlio di un cane si diverte un mondo" disse Greco sbattendo il binocolo elettronico contro il suolo.

La notte precedente, dopo aver deciso che la discrezione era segno di coraggio, era salito in cima a questa collina e aveva tenuto d'occhio la fattoria.

Disteso a terra, raggiunse la bisaccia e tirò fuori l'Incenso Ingannatore del Tempo incastrato tra il cibo e le provviste.


"Hehe, una volta che cala il sole, ti prenderò.

Userò questa cosa per farti strisciare a terra, poi ti conficcherò con un paletto.

Poi prenderò Doris e lascerò questo cesso di posto" disse con rabbia, rivolgendo nuovamente gli occhi alla fattoria.

La notte precedente era stato così spaventato dal Conte, e dal suo licantropo, che aveva abbandonato ogni pensiero di gloria e aveva deciso di rapire Doris.

Ed è chiaro che ora, la sola persona che voleva eliminare, era D.


"Mi chiedo, andrà davvero così?" le parole piovvero su Greco con una voce calma.

"Cosa diavolo?!"


Guardando in alto, Greco vide un bell'uomo seduto su un ramo direttamente sopra di lui.

Aveva un sorriso innocente, ma il suo braccio sinistro era amputato sotto il gomito ed era fasciato con un panno bianco insanguinato.

Non aveva bisogno di presentazioni.


Dopo nemmeno ventiquattro ore, dalla perdita del braccio, Rei Ginsei si era arrampicato su un albero solo per spaventare Greco.

Il bel ragazzo non mostrare segni di cedimento, a parte una leggera oscurità intorno agli occhi.

Quanta forza aveva, sia fisica che mentale!


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