Fern scagliò un grido arcano e indecifrabile, il comando per attaccare.
Con una velocità che tradiva le sue dimensioni, il ragno avanzò e la nuvola si levò in aria.
La figura grigia si accovacciò appena.
Argento lampeggiò, e poi scintille viola si dispersero come baccelli recisi, mescolando oscurità e luce.
Una zampa di ragno, mozzata alla seconda articolazione, volò per aria.
Mentre la figura tagliava la gamba dell'aracnide, con un solo movimento della spada, aveva anche parato un attacco elettrico della nuvola con la manica.
L'amarezza pervase il viso di Fern. Le scintille della nuvola erano più di mezzo milione di volt.
La spada virò, respingendo i successivi due attacchi della bestia elettrica, puntando al centro, al corpo della bestia. La manica della figura era in fiamme.
La punta della spada si fermò bruscamente.
Anche impiegando tutta la sua forza, la figura non riuscì a smuovere la lama che sembrava come conficcata in pietra solida.
Abbandonando la sua arma, la figura balzò via. Sopra la sua testa svolazzarono dei filamenti bianchi che lo imprigionarono in aria.
Proprio sopra la testa della figura, che si contorceva selvaggiamente, c'era il ragno. Alla luce del fatto che il filo veniva espulso dalle mandibole, anziché dall'addome, si poteva presupporre fosse in realtà un mutante che assomigliava a un ragno. Con un solo filo - più sottile di quello di un vero ragno – l’aracnide si appendeva al grosso ramo di un tronco altrettanto ciclopico. La forza di quella linea setosa era evidente: il ragno pendeva senza problemi attirando la sua preda verso le temibili mandibole.
La figura aveva probabilmente rinunziato, restava immobile mentre veniva colpito da diversi fulmini e fiamme viola. Un fumo nero iniziò a levarsi dal suo contorno.
"Prendi questo, dannato figlio di puttana! Pezzo di merda non-morto! Brucerai vivo o il mio ragno ti schiaccerà tra le sue grandi chele!", una risata piena d'odio risuonò da Fern. "Ma prima darò un'occhiata alla tua faccia, bastardo. Chi diavolo sei? Cuore? Lina? Quella fighetta di Meyer? O sei—"
Un filo si fissò sulla maschera che nascondeva le fattezze della figura ombrosa e la strappò abilmente via.
"Ma tu sei—?!".
Cosa interruppe Fren? Gli occhi incandescenti della figura? O forse era stato il dolce e gelido gesto d’affetto di due pallide mani sulle sue spalle?
“Papà…”
Il sospiro melodioso di Bess si insinuò lungo la nuca del suo collo a pochi centimetri dalle zanne di sua figlia.
A breve distanza, qualcuno vide tutto. Cuore era scivolato lungo il letto, i suoi occhi non erano opachi come al solito ma il suo viso era stanco e si stava sforzando di sopprimere un urlo.
***
Quando i suoi occhi si abituarono al buio, Lina scoprì di essere in un ampio passaggio in pendenza. Le pareti e il soffitto erano in pietra, ma non davano una sensazione di claustrofobia. Al contrario, Lina aveva la sensazione che ci fossero grandi e spaziose stanze proprio oltre le pareti.
In vari punti, su pareti e soffitto, si vedevano dei bagliori; probabilmente sensori di intrusione e altri dispositivi.
"Sai, è piuttosto difficile credere che esistano stanze sotterranee così grandi. Dobbiamo essere a tipo un chilometro sottoterra", disse Lina con disgusto. D camminava qualche passo avanti. Camminavano da circa mezz’ora e lei non si stava più divertendo tanto.
"Non sono nemmeno dieci metri".
"Stai scherzando!"
"Rilassati. Arriveremo alla fine del percorso tra un minuto".
Proprio come aveva detto, meno di sessanta secondi dopo la coppia arrivò a una serranda fatta di quello che sembrava essere acciaio.
D puntò il pendente sul suo petto verso il dispositivo di identificazione computerizzato.
La serranda scomparve istantaneamente e loro entrarono.
La mascella di Lina cadde.
Sembrava un enorme e sontuoso laboratorio.
Come il corridoio, le pareti erano in pietra alte dieci metri. Le scrivanie, disposte in fila, erano fatte di legno robusto e adornate con becher, beute e fiale di liquidi dai colori inquietanti - sembrava proprio il laboratorio di un alchimista medievale con la sua luce bluastra che creava un'atmosfera che sfidava ogni descrizione. Tra l'apparecchiatura antiquata c'era ciò che sembrava essere un cervello a positroni, un elettro-analizzatore, un convertitore di materia – l’emblema della scienza evoluta della Nobiltà.
"Non riesco a credere che questo posto sia ancora intatto", disse Lina, scrutando i dintorni. "Sembra fosse un centro di ricerca, vero? Riesci a capire su cosa stavano lavorando?".
In mancanza di risposta si voltò verso D, che si trovava davanti a una scrivania, scrutando attentamente le ampolle e le bizzarre sfere che erano accatastati sopra di essa. Si avvicinò a un pannello di controllo e le sue mani cominciarono a volteggiare tra le numerose tastiere.
"Non dirmi che sei anche un esperto di computer...".
Prima che Lina potesse finire, l'aria cominciò a ronzare e tutte le macchine nella stanza ripresero vita.
Disegni strani, simboli incomprensibili ed espressioni numeriche - nessuno familiare a Lina – facevano a gara sullo schermo del computer. D guardò lo schermo per non più di uno o due secondi prima di spegnere tutto e incamminarsi attraverso la spaziosa stanza senza nemmeno degnare la ragazza di uno sguardo.
"Ehi, aspettami. Non fare l’idiota! Non puoi lasciare indietro la tua assistente, vero?!".
Ma, proprio mentre stava per inseguirlo un piede le scivolò e, strillando aggrappandosi a un supporto di beute mezze riempite, cadde a terra con un fragore di cocci rotti.
"Che male...", fortunatamente non si era fracassata la testa, ma mentre si massaggiava il sedere dolorante, fissava con profondo D in avvicinamento.
Gli occhi del Cacciatore si strinsero improvvisamente.
Lì, dove le schizzi simili a tentacoli liquidi si mescolavano, non si stava formando qualcosa di solito dal colore misterioso? Non si stava alzando dal pavimento una nebbia? E non c’era qualcosa che si stava contorcendo nel vapore, lottando con disperazione contro il mondo?
Quando qualcosa di rotondo e grassoccio scattò improvvisamente dal fumo e afferrò la sua caviglia, Lina urlò.
La massa di melma indegna, fatta di tendini e vasi sanguigni scuri, aveva la forma di un gigantesco braccio di bambino con solo tre dita.
Lina si divincolò con furia selvaggia, e le dita afferrarono invano l'aria prima di raggomitolarsi impotenti sul pavimento.
Mentre guardava attonita il braccio liquefarsi, D la afferrò e la sollevò senza sforzo per rimetterla in piedi.
"È un omuncolo," disse. "Una forma di vita artificiale generata da fulmini e etere congelato".
"Sì? Beh, cosa ci qui? Che diavolo era questo posto?".
"È meglio che tu venga con me. Se basta questo a spaventarti, dovresti tornare a casa, ma immagino che sia troppo tardi per quello".
"Davvero pensi che preferisca tornare a casa?".
Imperturbabile, D esaminò il laboratorio. Senza preavviso disse: "Ho sentito dire che c'era un altro ragazzo smarrito, che non è tornato. Questo posto ti ricorda qualcosa?".
"No. E ho cercato di ricordare centinaia di volte. Ho provato. Meyer ha provato. Persino Cuore ha provato…".
"Anche Cuore?".
Lina guardò in su, verso D. Era più alto di lei di vari centimetri. L’espressione della ragazza era così torbida che avrebbe spinto chiunque a chiedersi quali segreti potesse nascondere.
"Poco dopo il nostro ritorno, ci portarono via dai nostri genitori e ci misero in un manicomio. Per una settimana intera lo sceriffo e il Comitato di Vigilanza ci esaminarono. Quando capirono che i farmaci e l'ipnosi non funzionavano, ci spogliarono e ci punzecchiarono con aghi. Vedi, è un metodo per trovare i Nobili unico del nostro villaggio. Ti mettono aghi d'argento nei capezzoli e nel sedere. In base a come esce il sangue, capiscono se sei un Nobile o no".
D non disse niente.
"Nel caso delle ragazze è di solito un’altra donna che lo fa, ma io sono stata esaminata solo da uomini. Si davano il cambio, si alternavano… L'anziano Gaston dal mulino, i ragazzi della macelleria e il sindaco. Immagino che mi abbia presa con sé per fare ammenda".
All'improvviso Lina sorrise allegramente è puntò l’indice verso il viso di D.
"Dio mio, non fare una faccia così cupa. Dopotutto, sono il tipo che perdona e dimentica. Di certo quando guardo il tuo viso non penso ai vecchi rancori. Quindi, perché non provi a sorridere per una volta?".
"Sono nato così".
"Oh! È la prima volta che mi dici qualcosa su di te!" esclamò Lina ridendo. "Ora ti senti più solidale con me? Non è affatto da te".
"Non ti preoccupare".
Di colpo la luce bluastra che riempiva la stanza si spense.
Prima che potesse formulare il pensiero che qualcuno l’avesse fatto di proposito, Lina fu afferrata da dietro e trascinata verso il muro.
"D!".
Una strana mano, appiccicosa e fredda, le bloccò la bocca spalancata per gridare. Poi vide lampo argento davanti a sé, seguito dal rumore di ossa tagliate e fu libera.
Un lamento si innalzò, uno di quei sono che le faceva venire voglia di mettere le mani sulle orecchie. Ogni volta che la lunga spada di D fendeva l'aria sentiva il suono di qualcosa che veniva tagliato e cadeva a terra… ancora e ancora.
Alla fine, Lina si rese conto di essere circondata da creature sconosciute.
Una congettura oscura serrava il suo cuore. Ciò che l’aveva afferrata era senza dubbio una mano umana. E ciò significava che poteva essere solo Tajeel. Ma c'era certamente più di un Tajeel nell'oscurità.
Sognante, Lina setacciò la sua memoria alla ricerca di un ricordo di come fosse fatto quando era ragazzo. Ricordava lo sguardo del suo viso scuro, mentre cercava di sembrare malinconico e le consegnava collane di fiori che era capace di creare meglio di lei, anche se non faceva che lamentarsi su quanto fosse noioso raccogliere fiori.
Ed era stato Tajeel ad accorrere in suo aiuto, con chiodi alla mano e un saldatore ad arco, quando il tetto di casa sua era volato via in una bufera. Aveva lavorato mezza giornata per ripararlo. Era solo naturale che il pensiero che facesse queste cose per lei, perché era innamorato, avesse acceso di orgoglio e presunzione il suo piccolo cuore di bambina di sette anni.
Lina aveva pianto la perdita di Tajeel ben più di quanto non avessero fatto i suoi genitori.
"Basta, D! Fermati!".
In risposta al suo grido una luce blu la gettò a terra.
Davanti a lei D rimise la spada nel fodero. Alle sue spalle, invece delle figure grottesche che si aspettava di vedere, c’era solo una profusione di liquido rosso: sangue. Lina si sforzò di guardare meglio, alcuni dei sottili ruscelli rossi correvano verso una parete di roccia da un lato della stanza.
Corse istintivamente più vicino, e chiese "Cos'è, D? Devi averlo visto bene".
D non rispose, ma mentre fissava intensamente la parete di roccia in questione, mormorò: "Strano, non era da solo".
"Cosa intendi dire?".
"Le risposte si trovano oltre quella parete. Potremmo andare avanti, ma ora che sappiamo che c'è qualcosa qui sotto, direi che è meglio tornare a casa. Quando queste creature perdono una mano, se ne vanno portando via tutto tranne il sangue".
"Ma che diavolo — non può essere che Tajeel..."
Non ricevette risposta, ma, guardando di traverso a D, tornava verso la serranda, Lina fu colpita da un'emozione più enigmatica della paura e fissò la parete rocciosa.
***
Senza scambiarsi nemmeno una parola, i due fecero ritorno alla base della collina.
Il bel profilo del Cacciatore non tradiva neanche lontanamente un segno di tremito per le mostruosità inquietanti che aveva appena incontrato. Lina lanciava fugaci occhiate al viso di D, terrorizzata dal suo implacabile silenzio.
C'era un milione di cose che voleva chiedergli: il motivo per cui era stato così facile trovare il laboratorio sotterraneo; cosa aveva notato lì; cosa fossero davvero quei mostri; dove fosse Tajeel; e, più di ogni altra cosa, cosa una decade fa fosse stato fatto a lei e agli altri in quel luogo.
Mentre fissava il profilo del Cacciatore di Vampiri, che alcuni avrebbero potuto definire malinconico, la sua curiosità scemava via trascinata da un calore che le saliva dal cuore.
Stava davvero seguendo D nel tentativo di gettare luce sulle ombre della sua infanzia? Iniziava ad avere i suoi dubbi.
"Farò un giro intorno al villaggio," disse improvvisamente D. Lina notò solo allora che erano vicino al suo carro. Non lontano, il cavallo di D brucava l'erba, ignorandoli.
"Bene, allora ti accompagno..." disse Lina istintivamente, ma la delusione la schiaffeggiò presto.
"Qui ci separiamo. E in futuro, ti pregherei di non interferire col mio lavoro".
Né l'espressione, né il tono di voce del Cacciatore differivano minimamente dal solito, ma Lina sentì il freddo pungente del gelo. Per abitudine, si apprestò a contraddirlo, solo per avvertire la sua voce scomparire già in gola.
"Vai a scuola o torna a casa, ma non fare soste lungo il cammino. E non abbassare la guardia nemmeno con quelli che conosci," disse D dalla sua sella.
“Chiarissimo... Infame, che ti importa di come si sente chiunque altro?”
Cercando improvvisamente di sembrare scontrosa, le sue guance si irrigidirono. Tentò di rispondere, ma nessuna parola uscì. Per complicare le cose, gli angoli dei suoi occhi tremarono. No, non poteva mettersi a piangere così.
A questo punto l'aria divenne improvvisamente tesa. Era dovuta alla sinistra aura che D emanava. La ragazza poteva sentire ogni centimetro della sua pelle coprirsi di brividi.
La sensazione era così inquietante che Lina non riusciva nemmeno a chiedere cosa fosse successo, poté solo girare il viso nella direzione che D stava ora fissando.
Un solitario cavallo cyborg stava scendendo lungo il sentiero. Grazie alla sua familiare tonalità castana, e al serbatoio di energia appeso dal suo addome, Lina riconobbe il cavallo dello sceriffo. Era al galoppo, cavallo e cavaliere si fermarono con una piccola pioggia di zolle di terra.
"Pensavo di trovarti qui. È meglio che venga con me". Il volto dello sceriffo e la sua voce erano tinti d'impazienza.
"Come hai saputo dove eravamo?" chiese D con voce sommessa.
"Un contadino ha visto il carro di Lina dirigersi verso la collina. Cuore è scappato".
"Pensavo che qualcuno fosse stato incaricato di tenerlo d'occhio".
"Uno dei ragazzi del Comitato di Vigilanza si è addormentato mentre Cuore era a letto. Non posso farci nulla. Siamo solo carne e sangue".
"Prova a dirlo al prossimo Nobile di passaggio, e vediamo cosa accade”.
Lo sceriffo non rispose al sarcasmo amaro del Cacciatore.
"Dove è andato?" chiese D.
"Non lo so. Ma ho paura che, se non lo troviamo in fretta, avremo un linciaggio tra le mani. Vedi, dato che Cuore è stato trovato sul luogo dell’attacco di ieri, tutto il Comitato di Vigilanza ha l'idea che, anche se non è il colpevole, sia in combutta con esso. Teniamo d’occhio casa sua, ma Cuore non è tornato lì. Quindi rimangono solo i boschi. Io controllerò a nord e voglio che tu pensi al lato sud".
Senza dare una risposta, D girò il suo destriero. Tutto ciò che sapeva della geografia locale lo aveva imparato con un solo sguardo a una mappa che il sindaco gli aveva dato un giorno prima.
"Corri a casa," disse alla immobile Lina, proprio mentre stava per galoppare via. "Hai un appuntamento con la Capitale".
Quando la ragazza alzò il viso con costernazione, D stava già galoppando.
Lo sceriffo si affrettò dietro di lui.
Mentre lo inseguiva, lo sceriffo lo guardava incredulo. Nonostante la sua velocità, il divario tra loro cresceva rapidamente. Non era a causa del cavallo di D. Visto il suo lavoro, una delle prime cose che lo sceriffo notava di ogni estraneo era il suo destriero. Aveva capito che osservando quello era più facile capire che strategia applicare in caso di inseguimento. Il cavallo di D era un cavallo standard, uno che si poteva trovare in qualsiasi villaggio. Anche se era stato ritoccato, non poteva competere col cavallo personalizzato dello sceriffo. Non avrebbe dovuto, ma lo stava facendo.
"Cosa diavolo... Usa un qualche tipo di magia o simili? Ho sentito che si tratta di un dhampir, ma..."
Finalmente, ciò che aveva sentito sui poteri straordinari del Cacciatore di Vampiri iniziò a farsi strada nella mente dello sceriffo.
***
Allontanatosi dallo sceriffo, D entrò nei boschi meridionali. Fermò il suo cavallo e chiuse gli occhi. Un attimo dopo, puntò il suo destriero verso un boschetto di alberi alla sua destra. Aveva sentito le parole del vento, o aveva avvertito qualche presenza nell'aria?
Prima che passasse un altro minuto, incontrò alcuni della Vigilanza, con espressioni strane, che correvano nelle profondità della foresta.
"Attenzione!" gridò uno.
"Fermo là!" gridò un altro.
Gli uomini che si agitarono, vedendo con quanta maestria D fermò il suo destriero al galoppo.
"Dove è Cuore?", al suono della voce del Cacciatore, che poteva essere giustamente definita morbida, la dozzina di teppisti si bloccò. D fissò l'uomo che guidava il gruppo, il loro presunto capo, lo stesso della notte prima.
"Lui... ehm, sta bene. Non abbiamo fatto nulla di male. Beh, pensavamo di dargli una ripassata, ma quando lo abbiamo trovato c’era già il signor Fern".
"Fern? Anche lui stava cercando Cuore?".
L'uomo scosse la testa rapidamente.
Erano partiti alla ricerca di Cuore senza Fern, e avevano trovato il ragazzo immobile nel bel mezzo della foresta. Decisi a fargli sputare la verità, lo avevano circondato, ma appena iniziate le minacce era arrivato Fern. Era il tipo di uomo che normalmente sarebbe stato il primo a picchiare Cuore con una frusta, ma quel giorno era come se fosse un uomo cambiato e aveva insistito per portare Cuore a casa sua. O almeno così aveva detto e questo certamente aiutava a spiegare lo stupore che si leggeva sui volti degli uomini.
"Fern era da solo?".
"Sì".
“Da quanto tempo sono partiti? E dove hai trovato Cuore?”.
L'uomo indicò dietro di loro.
"Vai dritto e lo saprai quando ci arrivi. Il posto è tutto coperto di muschio e pieno di impronte. Non saranno passati più di dieci minuti".
Il suono degli zoccoli si mescolò alle parole dell'uomo.
D si diresse prima verso la casa di Fern. In meno di cinque minuti i suoi occhi si posarono su una struttura fatta di tronchi spezzati conficcati nel terreno: il recinto delle bestie da guardia. Una palizzata di legno delimitava il perimetro, e una coppia di persone - Cuore e Fern - stavano davanti alla porta dalla forma strana.
“Cosa vuoi?” chiese Fern, anche lui si stupì di come D fermò bruscamente il cavallo.
“Perché eri nel bosco?” chiese D dalla sella del suo cavallo.
Fern sorrise maliziosamente e mise le mani sui cestini ai fianchi. “Immagino che non sappia in che settore lavoro. La verità è che sono uscito per prendere un po' di muschio e insetti che do da mangiare alle mie bestie da guardia. Non so che viaggi tu ti sia fatto, ma se vuoi una dimostrazione non ho problemi a fartela”.
Proprio in quel momento, Fern ebbe l'impressione che un lampo bianco istantaneo balenasse tra lui e D. Fern batté le palpebre.
D ignorò la provocazione. “Ridammi il ragazzo”.
“Oh, hai davvero un modo strano di esprimerti. Sembra quasi che tu mi stia trattando come se fossi un ladro. Beh, il ragazzo starà di certo meglio con me che con qualche cacciatore da strapazzo. C'è il tocco di una donna qui, e non penso che gli farebbe male imparare come vivono le persone civilizzate”.
“Di colpo hai scoperto l’amore per il prossimo?” chiese D, un'aura misteriosa si condensava intorno a lui. Con un tono basso e tagliente come la lama più affilata chiese: “Cos'è successo nel bosco?”.
Fern rimase in silenzio. Il suo viso era solenne, traboccante di intenti omicidi, e le sue dita ossute si avvicinarono ai coperchi dei cestini. D non si mosse. C’era da chiedersi come sperasse di respingere delle bestie dall'alto del suo destriero, visti i movimenti limitati.
Un'enorme figura si frappose tra il flusso di sanguinaria rabbia che intercorreva tra i due uomini.
Cuore si piazzò di fronte a D, bloccandogli il passo. Con gli occhi imploranti, scosse la testa e indicò il cancello. Stava cercando di dire che voleva che se ne andasse?
Poco dopo, D voltò il cavallo.
“Te ne vai già? La prossima volta è meglio se arrivi con la lama già sfoderata. Vedi, qui ho una serie di ‘bestioline’ assai cattive. Come queste!”
La voce di Fern, gonfiata dalla sicurezza, vacillò. I coperchi dei suoi cestini non si erano alzati.
Il suo volto impallidì quando notò gli aghi di legno conficcati nei coperchi. Alle sue orecchie, lo scalpiccio degli zoccoli sembrava quasi una risata.
***
Correndo fin nel bosco, D scese nel pantano coperto di muschio. Proprio come aveva detto l'uomo del Comitato di Vigilanza, c'era una confusione di impronte. Era il luogo in cui avevano trovato Cuore, e il luogo dove poco prima Fern e sua figlia si erano trovati di fronte ai malvagi denti del vampiro.
Non era ben chiaro se quel mondo caleidoscopico e umido avesse un impatto su D, che non aggrottò nemmeno le sopracciglia.
Dalla mano sinistra di D, leggermente serrata, una voce maligna mormorò: "le cose stanno iniziando a diventare interessanti".
"In che senso?"
"Quel tipo di Fern - c'è qualcosa di strano nel modo in cui si comporta. Poi c'è il ragazzo, che deve proprio uno stolto. Perché diavolo vorrebbe andare con quel tipo? Il vecchio è il capo di quei teppisti che lo maltrattano, no? Allora cosa pensi? Sembri già avere delle idee".
"Cuore voleva andare con lui più di ogni altra cosa". La voce di D aveva un tono beffardo, raro. "Prova a leggermi nel pensiero per il resto. Il che mi ricorda - se sei tornato in forze, ho bisogno del tuo aiuto per una cosa".
"Non mi sono ancora del tutto ristabilito. Non puoi concedermi altri due o tre giorni per recuperare? Quando sarà il momento, avrò una storia davvero interessante da raccontarti".
“Non vedo l'ora”, fermandosi, D interruppe la conversazione.
Stranamente, si trovava proprio nel punto in cui la figura cinerina aveva attaccato la figlia di Fern.
D guardò il terreno davanti ai suoi piedi.
Un tappeto multicolore nascondeva già ogni segno della lotta. La velocità di crescita di quei funghi era sorprendentemente.
I suoi occhi assunsero un tono rosso e il miasma intorno a lui iniziò ad agitarsi. Il suo viso splendente divenne quello di un vampiro.
Il suo sguardo vermiglio si fermò su un certo punto del terreno. Estraendo un cilindro, grande quanto un mignolo, da una tasca sulla cintura, D si inginocchiò a terra.
Cosa stava cercando che rendesse necessario diventare un vampiro?
Mettendo un pezzo di terreno nel tubo, D esaminò lentamente i suoi dintorni. Come se fosse stato richiamato da quello sguardo inquietante, nuvole scure si radunarono in cielo.
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