I neri cavalli cyborg sembravano galoppare su nuvole di polvere sovrannaturale.
Quando i loro zoccoli risuonarono così vicino da rendere innegabile la verità, Doris si diresse verso l'altro lato del salotto e girò una delle maschere cerimoniali argentate che adornavano la parete.
Con un leggero rumore, parte del pavimento e della parete ruotò.
In pochi secondi, apparve una console di controllo di legno e una poltrona.
Anche se la console di controllo era di legno, la parte superiore era coperta di interruttori e leve di ferro, con una moltitudine di lampade colorate e indicatori che aggiungevano altra confusione.
Era un centro di controllo per la difesa: il padre di Doris aveva chiamato un artigiano dalla Capitale per installarlo.
Ogni arma della fattoria poteva essere controllata da lì.
Era quanto di meglio si potesse comprare per essere preparati agli attacchi delle creature che infestavano i dintorni.
Un telescopio prismatizzato a campo completo scese dal soffitto.
"Ma vedi tu!
Quando chiesi a tuo padre cosa stesse combinando, mi disse che stava installando un nuovo convertitore solare.
È stato furbo a nasconderlo perfino a me" disse il medico ancora rilassato, mentre si affacciava alla finestra con la bottiglietta in mano.
Le lenti del telescopio mostrano una carrozza nera, trainata da quattro cavalli, che correva a tutta velocità vero la fattoria.
Doris afferrò una delle leve; il telescopio fungeva anche da sistema di mira.
"Stai calma" le disse il Dottor Ferringo mentre scrutava fuori dalla finestra.
"Hai ancora la barriera elettromagnetica".
Prima che avesse finito di parlare, il canello di legno a tre stanghe si aprì senza un sussurro.
Mentre la carrozza nera si precipitarsi attraverso il cancello con una folata di vento, fu avvolta da un bagliore accecante.
Sufficientemente potente da bruciare un drago minore attraverso le impenetrabili scaglie.
La barriera elettromagnetica generò una pioggia di scintille che trasformò la notte più buia nel giorno più luminoso, per un istante fugace.
Lucente come un fiore fiammeggiante, la palla di luce bianca continuò per la sua strada.
Il cavallo, il cocchiere, le ruote del carro: le fiamme bianche li avvolgevano tutti.
Era uno spettacolo straordinario, come una carrozza risputata direttamente dall'inferno.
"Sono passati. Come hanno fatto?"
L'esclamazione confusa di Doris giunse proprio mentre i cavalli cyborg si arrestano in perfetta sincronia.
Le fiamme magnetiche che li circondavano si dispersero rapidamente.
Evidentemente il nemico era protetto da una barriera più potente.
"Non ancora. Guarda! Sta uscendo!"
Ancora una volta, la mano di Doris fu fermata dal comando speranzoso del medico; ma nella sua voce c'era più che altro tensione e paura.
Nonostante fosse l'incarnazione del coraggio e dell'intelletto, il danno causato da secoli di lavaggio del cervello da parte della Nobiltà si era infiltrato nel suo subconscio.
La porta nera si aprì.
Una figura massiccia, vestita di nero, scese le scalette che si distesero automaticamente.
"Deve essere un idiota, guardalo, saltare fuori come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo."
Apparentemente rinvigorita, la voce di Doris mancava però di forza.
Il suo nemico sapeva che qualsiasi difesa fosse stata approntata non costituiva una minaccia.
Quando colui che aveva lasciato il segno sul suo collo si avvicinò da solo alla casa, Doris tirò la leva.
In tutta la fattoria si sentì il suono di varie molle rilasciarsi una dopo l'altra.
Frammenti neri volarono verso il Conte, solo per rimbalzare a pochi centimetri da lui.
A cadere erano grossi sassi.
Sparati in rapida successione, tutti i missili rocciosi furono privati della loro energia cinetica da una barriera invisibile, cadendo intorno al Conte che avanzava con calma.
"Proprio come pensavo, non è uno sprovveduto."
Doris tirò un'altra leva.
Questa volta toccò a dei giavellotti d'accaio.
I primi dieci rimbalzarono, ma l'undicesimo e ultimo giavellotto trapassò l'addome del Conte.
"L'ho colpito!" esclamò Doris, stringendo così forte la leva da rischiare di romperla.
Ma il suo sorriso si gelò quando il Conte, dopo un attimo, ghignò e riprese il passo.
Con ancora il giavellotto d'acciaio ancora conficcato nello stomaco.
"Quel bastardo sta cercando di dirmi che non ha nemmeno bisogno del suo campo di forza per fermare i miei attacchi!".
Un brivido di paura scosse Doris, che improvvisamente si rese conto che non c'era bisogno per un vampiro di "andare a prendere" una vittima già morsa in precedenza.
Per coloro che avevano sentito quel bacio anche solo una volta, bastava una sola parola del demonio fuori dalla porta sarebbe a farli uscire e gettare tra le braccia della morte.
Era precisamente questo tipo di situazioni che D aveva cercando di prevenire, quando la aveva resa incosciente la volta precedente.
"Si sta prendendo gioco di me!"
Doris tirò le leve come una pazza.
Finché qualcosa non trapassava il suo cuore, il vampiro non poteva morire.
Anche se lo sapeva, vederlo coi proprio occhi era tutta un'altra questione e l'aveva privata del giudizio freddo che la figlia di un abile Cacciatore avrebbe dovuto possedere.
Era privata delle ragione e provava la stessa paura che dormiva in tutti i mortali, la paura dell'oscurità insondabile.
Le mitragliatrici nascoste nella vegetazione sparavano. I proiettili con punte esplosive accese da una lente sull'unità di accumulo solare cadevano come pioggia.
Attraverso il fumo oleoso, le esplosioni infuocate e il fragore assordante che lo circondavano, il Conte sorrise.
Era chiaro che questo era quanto di più poteva offrire l'umanità al momento.
La loro specie restava in vita, resistente come scarafaggi, mentre la sua specie scivolava silenziosamente e inevitabilmente verso l'estinzione, svanendo come la luce del sole al tramonto.
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