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Vampire Hunter D Volume 2 Capitolo 1B

Immagine del redattore: suppy999suppy999

Aggiornamento: 16 apr 2024

Più tardi quella stessa notte, il Cacciatore di Vampiri fece visita alla casa del sindaco.

"Chi diavolo osa...".

Indossando una vestaglia sopra il pigiama, il sindaco, con gli occhi ancora assonnati, dimenticò ciò che stava per dire quando vide la bellezza del Cacciatore, in piedi dall'altra parte del salotto con la schiena contro il muro.

"Ora capisco perché la cameriera sta vagando come se qualcosa le avesse succhiato l'anima. Beh, non posso certo ospitarti in casa mia. Ho una figlia, e donne che vanno e vengono di continuo da qui".

"Ho già messo il mio cavallo e il mio equipaggiamento nella stalla", disse D con voce sommessa. "Mi piacerebbe sentire la tua proposta".

"Prima di cominciare, perché non ti siedi. Immagino sia stato un lungo viaggio".

D non si mosse. Il sindaco annuì, rimettendo a posto con nonchalance la mano che aveva usato per indicare un posto a sedere. Il valletto, che aveva appena gettato legna e combustibile condensato nel camino e attendeva ulteriori istruzioni, ma fu mandato fuori.

"Mai mostrare le spalle al nemico, eh? In effetti, suppongo tu non abbia prove che sono dalla tua parte".

"Ero sotto l'impressione che avessi assunto Geslin prima di me," suggerì D. Sembrava quasi che non stesse ascoltando una parola di ciò che il sindaco aveva da dire.

Il sindaco era un uomo arrogante, ma non lasciava trasparire il minimo segno di disagio sul suo volto. Questo perché aveva sentito voci sulle abilità del Cacciatore e avvertiva che il Cacciatore accanto a lui fosse di un altro mondo.

Anche se aveva fattezze squisite, molto più belle di qualsiasi umano, l'aura spettrale che emana faceva emergere qualcosa che gli uomini di solito tenevano sepolto nei profondi recessi della sua psiche: la paura dell'ignoto.

"Geslin è morto", sputò il sindaco. "Era un Cacciatore di prima categoria, ma non è riuscito a trovare il nostro vampiro, e per di più si è fatto uccidere da una bambina di otto anni! Gli ha strappato la gola di netto, quindi non dobbiamo preoccuparci che torni, ma gli avevamo dato centomila dalas in anticipo - che fiasco!".

"Da quanto ho capito si trattava di circostanze piuttosto insolite".

Il sindaco fece una smorfia di sorpresa. "Sai di questo, eh? Bello essere un dhampir! Sembra che sia vero che ricevete messaggi direttamente dall'Inferno".

D non disse nulla.

Il sindaco fece un breve resoconto del disastro avvenuto sul ponte circa due settimane prima, concludendo con: "e tutto questo è accaduto in pieno giorno. Dalla tua espressione, scommetterei che ne hai viste più di me nei miei settant'anni su questa terra. Ma suppongo che ciò non includa vittime di vampiri che si tramutano alla luce del giorno, vero?".

D rimase in silenzio. Quella fu la sua risposta.

Semplicemente non era possibile. La Nobiltà, e coloro i cui vite erano state reclamate, erano autorizzati alla loro orribile parodia di vita solo durante notte. Il mondo della luce era di proprietà dell'umanità.

"Penso che tu abbia un'idea abbastanza chiara del perché sei stato chiamato qui. Pensa a questo. Se quei dannati Nobili, e il loro seguito, fossero liberi di muoversi alla luce del giorno, cosa ne sarebbe del mondo?".

L'oscurità e il freddo della stanza sembravano aumentare esponenzialmente. Solitamente, per risparmiare sull'usura dei generatori, nella Frontiera era comune utilizzare metodi alternativi per l'illuminazione durante la notte. Gli occhi del vecchio sembravano bruciare mentre fissava le mani che teneva a riscaldare. D non mosse un muscolo, come se fosse diventato una statua.

“L’ho preso all’amo”, sghignazzò il sindaco nel suo intimo. Le sue parole erano state scelte per avere il massimo effetto sulla psiche del suo ospite, e sicuramente avrebbero inflitto un duro colpo al bellissimo Cacciatore mezzo sangue. “Oh sì, da domani le cose saranno sicuramente un po' più gestibili qui”.

Tuttavia, le cose non andarono esattamente come previsto.

"Potresti darmi i dettagli su quanto è successo finora?".

La voce di D non trasmetteva paura o disagio, e per un momento il sindaco rimase senza parole. Quindi, il pensiero orribile di vampiri assetati di sangue che ammazzavano alla luce del giorno non aveva alcun impatto sul dhampir?

La sua sorpresa affiorò per un istante sul suo volto, e poi il sindaco cominciò a parlare con un tono più sommesso di quanto fosse necessario.

Gli raccontò che tutto ebbe inizio con le rovine e quattro bambini.

Nessuno sa con esattezza da quanto tempo le rovine si trovino su quella collina. Quando i fondatori del villaggio avevano messo piede in quel territorio, quasi due secoli prima, le rovine erano già soffocate dalle viti. Più volte la collina era stata scalata da squadre che avevano prodotto mappe approssimative e studiato la sua antica storia, ma mentre lo facevano accaddero una serie di strani fenomeni.

Cinquant'anni fa un gruppo di investigatori della Capitale era arrivato per esaminare le rovine, e loro erano stati gli ultimi - dopo c'erano stati solo poche persone interessate a scalare la collina.

Circa dieci anni prima, quattro bambini del villaggio erano scomparsi.

Un giorno d'inverno, quattro bambini scomparvero dal villaggio:

-         la figlia del contadino Zarkoff Belan (all'epoca otto anni)

-         il figlio del contadino Hans Jorshtern (anch'egli di otto anni)

-         il figlio dell'insegnante Nicholas Meyer (di dieci anni)

-         il figlio del proprietario dell’emporio Hariyamada Schmika (anch'egli di otto anni).

Il paese si agitò, vista la possibilità che potesse trattarsi dell'opera di una bestia che terrorizzava la zona in quel periodo. Poi però vennero avanti dei testimoni che avevano visto i quattro bambini giocare intorno alla collina il giorno della loro scomparsa. La loro sparizione costrinse la comunità a guardare con sospetto alle rovine.

Per la prima volta in cinquant'anni fu formata una squadra, ma nonostante una ricerca piuttosto estesa delle rovine, non fu trovato alcun indizio dei bambini. E verso la fine della prima settimana di ricerca, i membri della squadra iniziarono a scomparire e la ricerca fu interrotta prima che tutti i passaggi e le camere sotterranee, che componevano il vasto complesso delle rovine, potessero essere controllati.

Ai genitori addolorati fu detto che probabilmente i figli erano stati presi da mercanti di schiavi di passaggio, o erano stati persi alla bestia che imperversava nella zona. Qualsiasi destino attendesse i bambini in uno di questi scenari, era un'ipotesi molto più confortante rispetto al pensiero che fossero scomparsi nelle rovine di una dimora di vampiri.

Una sera, circa due settimane dopo la loro scomparsa, la tragedia giunse alla sua grande, seppur imprevista, conclusione. La moglie del mugnaio era fuori nei boschi a raccogliere funghi lunari quando notò delle persone scendere giù dalla collina, e gridò così forte da svegliare metà villaggio.

I bambini erano tornati.

Quello fu motivo sia di gioia che di nuove paure.

"Tanto per cominciare, solo tre dei ragazzi sono tornati". La voce dell'anziano sindaco si perdeva nel crepitio dei tronchi nel camino. "Vedi, Tajeel, sarebbe il ragazzo di Schmika dell’emporio… non è mai tornato. Ancora oggi non sappiamo cosa gli sia successo. Non posso dire che sia stato una grande sorpresa quando, sia il padre, che la madre, sono morti a causa del loro dolore. Non dico che non fossimo contenti di riavere gli altri, ma pensare che è stato l’unico a non farcela…".

"Avete esaminato i bambini?" chiese D mentre rivolgeva il suo sguardo verso la porta, in guardia, senza dubbio, contro qualsiasi nemico che potesse irrompere nella stanza. Si diceva che anche tra i Cacciatori ci fosse un'incredibile animosità, l’ostilità era spesso rivolta verso i più famosi e capaci.

Gli occhi di D erano socchiusi. Il sindaco fu improvvisamente colpito dal pensiero che il bellissimo giovane stesse conversando con i venti notturni attraverso il muro.

"Naturalmente lo abbiamo fatto", disse il sindaco. "Ipnosi, droghe che aprono la mente, ogni metodo che ci venisse in mente. Disgraziatamente, siamo arrivati a usare anche alcuni dei vecchi metodi. Tuttora le urla di quei bambini infestano i miei sogni. Ma non è servito a nulla. Le loro menti erano vuote, completamente prive di ricordi per l'intero periodo in cui erano scomparsi. Forse per via di una forza esterna, oppure il loro stesso subconscio aveva represso quei giorni per evitare che impazzissero. Se il caso fosse quest'ultimo caso, allora potrei dire che per ragazzo di Jorshtern non abbia funzionato a dovere. Cuore è pazzo da legare”.

"Il succo è che ciò che è successo nel castello in rovina, e cosa potrebbero aver visto, rimane avvolto nel mistero. Suppongo che l'unico aspetto positivo fosse che nessuno di loro è tornato con un bacio della Nobiltà. Il caso di Cuore è stato sfortunato, ma gli altri due sono cresciuti piuttosto bene, diventando rispettivamente uno dei nostri insegnanti alla scuola e l'allievo più brillante del villaggio".

Aver parlato così a lungo sembrava aver messo a suo agio il sindaco. Si avvicinò a una credenza contro il muro, prese una bottiglia del vino locale e un paio di calici, e tornò.

"Vuoi bere qualcosa?".

Mentre offriva il calice, la sua mano si fermò a metà strada. Aveva appena ricordato cosa di solito consumavano i dhampir.

Come per confermare ciò, D rispose dolcemente: "Non tocco quella roba". Lo sguardo del Cacciatore volò quindi verso l'oscurità immacolata oltre i vetri della finestra.

"Quante sono state le vittime e in quali circostanze sono avvenuti gli attacchi?".

"Fino ad ora quattro. Tutti vicino al paese. Sempre di notte. Le vittime sono state tutte eliminate".

Proprio in quel momento la voce del sindaco lo abbandonò. Il compito spaventoso del loro smaltimento delle vittime era tornato a tormentare la sua memoria, sia la sua mano che la bevanda che teneva tremavano. Dopotutto, non tutte le vittime avevano avuto la possibilità di trasformarsi in vampiri prima di incontrare la loro fine.

"Trovare bambini scomparsi, per poi abbatterli, non è un bel lavoro, soprattutto con la primavera così vicina e tutto".

Con un clangore stridulo, il sindaco sbatté il calice d'acciaio sulla sua scrivania. Il contenuto schizzò su, inzuppando il palmo e la manica della sua vestaglia.

"Non è una certezza che il ragazzo di Schmika, Tajeel, sia il colpevole o c’entri in qualche modo. C'è la buona probabilità che uno dei Nobili rimasti si sia insidiato qui, o che la vittima di un vampiro fuggita da un altro villaggio si aggiri in zona. Vorrei che indagassi in queste direzioni".

"Pensi che ci siano Nobili che possano camminare con le loro vittime alla luce del giorno?".

A questa domanda pronunciata dolcemente, il sindaco serrò le labbra. Era proprio la stessa domanda che aveva posto a D poco prima. Improvvisamente, il sindaco assunse un'espressione perplessa e volse gli occhi verso la vita di D. Il suono era flebile, ma avrebbe giurato di aver sentito una strana risata.

"Per domani vorrei tutte le informazioni che hai su come sono state attaccate le vittime, le loro condizioni dopo l'attacco e come sono stati gestiti", disse D senza particolare preoccupazione. La sua voce era indifferente, completamente priva di emozione riguardo al lavoro che stava per intraprendere. Apparentemente, questo Cacciatore di Vampiri non conosceva paura, nemmeno quando affrontava un nemico primo nel suo genere: demoni che potevano camminare alla luce del sole.

Con un tipo di terrore, completamente diverso da quello che provava verso la Nobiltà, il sindaco concentrò lo sguardo sul viso sorprendentemente bello del giovane uomo. "Inoltre, vorrei fare visita ai tre rapiti sopravvissuti. E se abitano lontano, avrò bisogno di una mappa per arrivare alle loro case".

"Non avrai bisogno di una mappa", disse una voce femminile.

La porta si aprì e un volto sorridente come un vero fiore catturò gli occhi di entrambi gli uomini.

Occhi che brillavano di curiosità restituirono lo sguardo di D, e lei disse: "Per niente sorpreso, vero? Sapevi già che stavo qui fuori ad ascoltare tutto il tempo, sono sicura. Ti dirò tutto ciò di cui hai bisogno. Lukas Meyer sarà alla scuola. Dopo le lezioni posso portarti da Cuore. E la terza l’hai già trovata. Infine, ci rivediamo, D".

La figlia del contadino Belan, ora figlia adottiva del sindaco, fece una leggera riverenza al Cacciatore.

***

"Sei sicuro che vada bene così?" chiese Lina la mattina successiva, stringendo le redini della carrozza trainata da due cavalli che guidava verso la scuola.

"Cosa?".

"Andare fuori così presto al mattino. Ai dhampir non piace il giorno, perché sono in parte Nobili".

"Sai davvero un sacco di cose strane, eh?" mormorò D, guardando oltre le schiene degli equini mutanti a sei zampe. Se un telepate fosse stato lì con loro, avrebbe potuto avvertire l’accenno di un sorriso nei recessi della mente quasi umana del Cacciatore.

Ereditando caratteristiche dai loro genitori, sia umani che vampiri, i dhampir erano influenzati fisiologicamente da entrambi in modi diversi.

Gli umani dormono di notte e sono svegli di giorno, mentre per i Nobili era vero il contrario. Quando i geni delle rispettive razze entravano in conflitto, erano generalmente i tratti fisiologici della metà Nobile, il genitore vampiro, a dimostrarsi dominanti. Il corpo di un dhampir bramava il sonno di giorno e desiderava essere sveglio di notte.

Tuttavia, proprio come una persona può imparare a usare entrambe le mani allo stesso modo, era del tutto possibile per i dhampir seguire le tendenze dei loro geni umani e vivere come i mortali. Sebbene avessero circa la metà della forza, vista, udito e altri vantaggi fisici di un vampiro, era proprio la capacità di adattarsi il loro più grande asset. Avevano un potere dentro di loro che nessun essere umano avrebbe potuto sperare di raggiungere, e ciò gli permetteva di affrontare i Nobili di giorno o di notte.

Tuttavia, sebbene potessero resistere ai loro impulsi biologici fondamentali, era anche innegabile che operare alla luce del giorno degradasse gravemente le condizioni di un dhampir. I loro bioritmi calavano bruscamente dopo la mezzanotte, raggiungendo il punto più basso a mezzogiorno. La luce solare diretta poteva bruciare la loro pelle fino al punto in cui persino la brezza più leggera era pura agonia, come aghi conficcati in ogni cellula del loro corpo. In alcuni casi, la loro pelle poteva riempirsi di vesciche come una scottatura di terzo grado.

I bioritmi sballati portavano affaticamento, nausea, sete ed esaustione. Meno di uno su dieci dei dhampir poteva resistere all'attacco del mezzogiorno senza subire quei tormenti.

"Eppure, sembra che tu non abbia alcun problema. Non è affatto divertente". Lina serrò le labbra, poi tirò di colpo le redini. I cavalli nitrirono e la tavola di frenata appesa alla parte inferiore della carrozza si conficcò a terra.

"Cosa c'è che non va?" chiese D, senza sembrare minimamente sorpreso.

Lina indicò dritto davanti a sé. "Sono di nuovo quegli stupidi. E Cuore è con loro. Ieri è stato già abbastanza orribile, ma adesso che diavolo stanno combinando?".

Circa dieci metri più avanti un gruppo di sette uomini superò un muro di pietra mezzo crollato e svoltò l'angolo. Tre di loro, tra cui Haig, erano gli uomini che avevano incontrato il giorno prima.

Un giovane di diciassette o diciotto anni, vestito con stracci laceri, camminava davanti al gruppo mentre gli altri lo spingevano e lo strattonavano. Era enorme, alto più di 1.80 e pesava più di 90k. Il suo sguardo era completamente vuoto mentre percorreva il piccolo sentiero, spinto da un uomo che a malapena gli arrivava alla spalla.

"Tempismo perfetto. Dovevamo giusto incontrarlo. Che cosa c'è laggiù comunque?".

"I resti di una struttura di allevamento di fate. Non viene usata da anni, ma si dice che ci siano ancora cose pericolose là dentro" rispose Lina. "Non pensi che quei bastardi lo stiano portando lì, vero?".

"Vai a scuola".

Appena l'ultima parola raggiunse le orecchie di Lina, D si diresse verso il sentiero stretto, l'orlo del suo cappotto svolazzava intorno a lui.

Appena svoltò l'angolo del muro di pietra, vide gli edifici dell'allevamento. Anche se "edifici" non era proprio la parola giusta per descriverli. Sembrava che il proprietario avesse rimosso tutta la legna e le travi di plastica utilizzabili, lasciando solo poche baracche di legno inclinate e crivellate, sull'orlo del crollo. Il sole invernale scintillava bianco sul terreno desolato, circondato da alberi spogli incrostati degli ultimi resti di neve.

Gli uomini si infilarono in una delle strutture più dritte. Sembravano piuttosto sicuri che nessuno sarebbe passato di lì, dato che non si voltavano mai a guardare alle loro spalle.

Forse passarono una trentina di secondi quando dall'interno dell'edificio esplose un urlo. Seguirono urla. Molte urla. E non quel genere di urla che fai quando incontri qualcosa che ti spaventa. Forse sorpresi dagli spaventosi lamenti, i rami di un albero che cresceva accanto all'edificio lasciarono cadere il loro manto di neve.

Ci fu la cacofonia di qualcosa di enorme che si frantumava in pezzi.

Pochi secondi dopo che le vibrazioni si erano attenuate, D entrò nell'edificio. Le urla erano cessate.

Gli occhi di D assunsero una sfumatura appena accennata di rosso. Il denso odore del sangue aveva raggiunto le sue narici.

Ogni singolo uomo giaceva sul pavimento di pietra, contorcendosi in una pozza del proprio sangue. A parte alcune gabbie di acciaio lungo una parete, che evocavano il passato dell'edificio, l'ampia stanza era riempita solo dall'odore del sangue e dai lamenti di agonia. Qualcosa era successo in quel nel mezzo minuto in cui gli uomini erano stati dentro con Cuore. Non c'era dubbio che una sorta di forza ultraterrena avesse imperversato lì.

Due cose attirarono l'attenzione di D.

Una era il corpo massiccio di Cuore, disteso davanti alle gabbie. L'altra era un'enorme apertura nel muro di pietra. Alta quasi due metri, l'apertura lasciava cadere la luce del mattino sul pavimento scuro. Ciò che aveva lasciato otto robusti uomini immersi nel loro sangue era uscito da lì.

Senza neanche uno sguardo agli altri giovani, D si avvicinò a Cuore. Accovacciandosi con grazia, il Cacciatore gli parlò: "Mi chiamano D. Cosa è successo?".

Gli occhi azzurro sporco erano dolorosamente lenti a concentrarsi su D. La sua follia non era una finzione. La mano destra del ragazzo si alzò lentamente e indicò il buco nel muro. Le sue labbra aride emisero un piccolo groviglio di parole.

"Il sangue... ".

"Cosa?".

" ...Il sangue... Non io... ".

Forse stava cercando di attribuire la colpa di quel bagno di sangue.

La mano sinistra di D toccò la fronte sudata del giovane.

Le palpebre di Cuore si chiusero.

"Cosa hai visto nel castello?" La voce di D sembrava totalmente indifferente al massacro che li circondava. Non chiese neanche chi fosse responsabile di quest’ultima devastazione.

Poteva la sua mano sinistra estrarre la verità dalla mente di un pazzo?

Una sorta di "volontà" sembrò spuntare nell'espressione disarticolata di Cuore.

L'uvula del ragazzo si mosse su e giù, preparandosi a pronunciare alcune parole.

"Cosa hai visto?" chiese ancora una volta D. Mentre poneva la domanda si girò.

Gli uomini semivivi si stavano alzando in piedi dal pavimento.

"Posseduti, eh?" lo sguardo di D scorse lungo i piedi degli uomini. Le ombre magre che si allungavano dai loro stivali non erano quelle di un essere umano. La silhouette ricordava un bruco, con braccia e gambe sottili, un abbinamento grottesco rispetto al torso. Erano ombre di fate!

Una delle fate dell’allevamento doveva essere rimasta nascosta lì per tutto questo tempo. A differenza della stragrande maggioranza delle bestie artificialmente create dalla Nobiltà, la maggior parte delle varietà di folletti erano eccezionalmente amichevoli. Ma alcuni di essi, basati su goblin, púca e folletti dell'antica Irlanda terrorizzavano la gente della Frontiera con la loro pura ferocia.

I cappucci rossi tagliava le teste dei viaggiatori con l'ascia per poi usare il sangue delle loro vittime per tingere il copricapo che dava loro il nome. Pochi di questi esseri possedevano la capacità di manipolare esseri viventi, ma con la giusta manipolazione potevano aiutare a far sì che unicorni altrimenti indomabili sgombrassero la via, o potevano aumentare la produzione delle galline di Grimm affinché deponessero pellet di uranio tre volte al giorno invece di una ogni tre giorni. In considerazione di ciò, alcuni villaggi erano disposti ad assumersi i rischi di allevare questo tipo di creature.

Gli uomini insanguinati, e ancora privi di conoscenza, stavano venendo mossi da una di queste atroci varietà.

L'ombra teneva un'ascia tra le mani.

Con fluidità, l'arma si alzò.

Gli uomini alzarono ciascuno un paio di mani vuote sopra la testa.

Mentre le asce inesistenti sfrecciavano attraverso lo spazio che la testa di D aveva occupato, il Cacciatore saltò sul lato della stanza con Cuore tra le braccia.

Con passi meccanici, i burattini dell'ombra si avvicinarono.

Lame invisibili si conficcarono nel muro e intaccarono il tetto di una gabbia di ferro.

Tagliando solo l'aria, uno degli uomini cadde a faccia in giù, scatenando una pioggia di scintille un metro davanti a lui.

Questo era uno scontro per il controllo delle ombre.

Uno spruzzo di luce argentea schizzò dal dorso di D, tagliò dritto in avanti contro l'ascia invisibile che uno degli uomini aveva alzato contro di lui.

Non ci fu alcun contatto, ma una brezza sfiorò la guancia di D e qualcosa si conficcò nel muro. Queste armi non erano solo invisibili, ma anche letali.

Tre colpi si avventarono sul Cacciatore, tutti provenienti da direzioni diverse. Le asce si scontrarono insieme, ma D e Cuore volarono al di sopra della pioggia di scintille che ne risultò.

Due strisce di luce bianca corsero verso il pavimento. Gli uomini si irrigidirono e si afferrarono i polsi. Un tonfo dopo l'altro risuonò, mentre lasciavano cadere le armi.

Dopo aver infilato la sua spada lunga nel fodero, D si avvicinò a uno degli uomini che era collassato in una spruzzata di sangue. Abbassandosi accanto a esso, chiese: "Mi senti?". Quando lo sguardo debole dell'uomo si posò su D, i suoi occhi si spalancarono improvvisamente. L'uomo caduto non era altro che Haig.

"Come diavolo hai fatto...?". La sua voce miserabile, che difficilmente si adattava al suo volto ruvido, si interruppe quando notò qualcosa sul pavimento. L’ombra soprannaturale era stata inchiodata al pavimento di pietra da due aghi. Non era solo quell'ombra che era stata colpita. Le ombre degli altri uomini si contorcevano e si dimenavano nel dolore.

I movimenti di tutti erano sincronizzati alla perfezione. Doveva aver richiesto una competenza incredibile lanciare quegli aghi da mezz'aria, per inchiodare con precisione l'ombra attraverso il polso e il cuore. Probabilmente qualcuno come Haig non poteva neanche comprendere la quantità di concentrazione che D doveva avere per riuscire in una tale impresa. Anche perché, incredibilmente, gli aghi infilzati nella pietra erano fatti di legno.

Rapidamente le inquietanti ombre svanirono e Haig tornò in sé. “Fa male... Accidenti, se fa male! Sbrigati, chiama il dottore... per favore...".

"Quando avrai risposto alla mia domanda", il tono di D era glaciale. Niente di sorprendente, visto che stava affrontando gli stessi ragazzi che avevano già cercato di stuprare una ragazza innocente. "Cosa è successo dopo che avete portato Cuore qui dentro?".

"Non lo so... Pensavamo che uno di loro fosse responsabile... quindi avevamo pianificato di prenderli uno per uno, picchiarli un po' per vedere se avevamo ragione... e poi...".

La luce negli occhi di Haig si affievolì rapidamente.

"E poi cosa?".

"Come diavolo dovrei saperlo...? Chiama un dottore... velocemente... Appena siamo entrati siamo stati circondati... tutto ciò che riuscivo a vedere era rosso sangue... come se qualcosa si nascondesse l-".

L'ultima parola uscita dalla bocca di Haig divenne un sibilo che rotolò a terra. Non era morto. Solo svenuto, come il resto di loro. Anche se sottili tracce di sangue fresco sgocciolavano dalle loro orecchie, dal naso e dalle bocche, la loro condizione era piuttosto bizzarra, considerando che non mostravano segni di lesioni esterne.

D si voltò.

Cuore barcollava verso la soglia, ma molto più lontano c'era il suono di numerosi passi che si avvicinavano. O Lina, o uno degli abitanti che aveva visto la Brigata con Cuore doveva aver chiamato la legge. Apparentemente il bullismo che quei giovani perpetravano era ben lungi dall'essere apprezzato in zona.

D lanciò uno sguardo a Cuore, poi si voltò rapidamente per affrontare il buco fatto nel muro.

"Cosa c'è che non va? Non continui a interrogarlo? Non arriverai mai a capo di questo pasticcio se hai paura di pestare i piedi allo sceriffo", rimproverò una voce misteriosa.

La voce non impressionò minimamente D. Lui e il suo cappotto nero si fusero con il sole del mattino.

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