"Lina, a cosa stai pensando?"
Percependo il sospetto sottostante al tono gentile, Lina rivolse prontamente l’attenzione all'insegnante di fronte a lei. Il suo volto giovane e gentile mostrava un sorriso. Chi avrebbe creduto che un ragazzo, che era scomparso nelle rovine del castello di un Nobile per una quindicina di giorni, sarebbe cresciuto per diventare un uomo del genere?
"Ti fatto venire in aula professori perché sei stata a fissare il vuoto tutto il giorno. E ora sei distratta pure qui - cosa diavolo sta succedendo? Non abbiamo ancora ricevuto conferma ufficiale, ma la commissione d'esame della Capitale sarà qui tra meno di una settimana".
Lukas Meyer, come Lina, era uno dei tre bambini che erano tornati incolumi dopo essere scomparsi. Seguendo le orme del padre, ora lavorava come insegnante per il Dipartimento di Istruzione Superiore nel villaggio. Era il responsabile della classe di Lina, anche se in realtà c'era solo una classe, con meno di cinquanta studenti in totale.
"Non è niente... davvero". Lina giocava coi capelli, cercando di nascondere il rossore che le stava tigendo il viso. Non avrebbe mai confessato di essersi interessata a un certo uomo.
"Spero sia così", disse il signor Meyer annuendo mentre teneva le mani sopra il decrepito riscaldatore atomico che crepitava davanti a loro. Improvvisamente, sia il suo tono che lo sguardo nei suoi occhi divennero gravi: "non devi dimenticare la responsabilità che porti".
Il suo tono sincero lasciò Lina in silenzio.
"Sei la speranza del villaggio. Quando l'inverno sarà finito, devi cogliere l'occasione per andartene. Siamo tutti dalla tua parte, lo sai".
"Sì, signore".
"L'esame in sé non dovrebbe essere un problema, ma hai deciso cosa studierai all'accademia nella Capitale?". Il tono del signor Meyer era cambiato. Conosceva la risposta, era un campo che le aveva aiutato a scegliare, ma chiedeva come se non volesse saperlo.
Lina non rispose.
"Matematica, giusto?" pronunciò le parole come un rimprovero.
"Sì, signore".
"Va bene così. Non puoi permetterti distrazioni prima dell'esame. È meglio che ti concentri solo sul futuro", disse l'insegnante allegramente.
Anche Lina sorrise. Bussarono alla porta ed entrò una compagna di classe di Lina, Harna.
"Cosa c'è?".
Il viso della ragazza era arrossato e i suoi occhi erano annebbiati, come persi in un sogno. Il signor Meyer si alzò di scatto. Per qualche motivo, Lina si mise subito in riga.
"C'è qualcuno qui per lei. Qualcuno... Beh, è molto bello...".
Quello non significava nulla per Meyers. Arricciando la fronte disse ad Harna di far entrare il visitatore. Poi, guardando Lina, disse: "Bene, fai attenzione mentre torni a casa. C'è altro?".
"In realtà no. È solo che oggi il tempo è così bello". In piedi vicino alle finestre, che erano state appositamente trattate per bloccare l'abbagliante riflesso della neve, la ragazza cercò di pensare a qualche stratagemma per rimanere nella stanza.
"Non mi sembra nulla di speciale".
"Questa stanza è sporca. Potrei darle una sistemata, che dici?".
Quando l'espressione del signor Meyer divenne di preoccupazione profonda, Lina serrò le labbra. In quel momento una figura alta attraverso la porta, anche se per farlo fu quasi costretto a piegarsi.
Lina emise un sospiro di meraviglia, e riuscì a bloccarsi appena in tempo prima di esternare la cacofonia di frasi di benvenuto che le stavano passando per la testa. Guardandola, il motivo del suo comportamento sospetto e del suo indugiare divenne evidente al signor Meyer. Mandando via Harna, che si trovava distrattamente sulla soglia, il signor Meyer chiese se il loro ospite fosse un conoscente di Lina.
"Sto godendo dell'ospitalità della sua casa" disse D, tenendosi accanto al muro. Era esattamente il tipo di visitatore non gradito da un educatore a cui erano state affidate delle studentesse. "Sono D. Un cacciatore di vampiri. E immagino tu possa indovinare cosa mi ha portato qui".
Non sorprendentemente, il caldo e intellettuale contegno di Meyer si irrigidì. Mentre invitava D a sedersi, lo sguardo nei suoi occhi era quello che avrebbe dato a qualsiasi inviato mandato a svelare il segreto oscuro che aveva a lungo nascosto nel suo cuore.
"No grazie", disse D bruscamente, rifiutando di sedersi. Il suo modo di fare era aspro, ma non del tutto spiacevole.
"Lina" l'insegnante cercò di ‘risvegliare’ rapidamente la studentessa. Quello che stava per raccontare non era una storia adatta a una giovane ragazza. Lina guardò supplichevolmente D, poi, con un'espressione leggermente scontrosa, lasciò la stanza, infastidita dall'indifferenza di D.
Appena la porta si chiuse, il signor Meyer guardò seriamente D. Non c'era nessun altro in stanza.
"Se stai alloggiando da Lina, suppongo tu abbia già sentito tutti i particolari dal sindaco. Onestamente, ci sono alcune cose che mi piacerebbe sapere. Tipo se c'è un qualche collegamento tra gli eventi recenti e ciò che ci è successo in gioventù. Voglio essere sincero: voglio esserci quando scoprirai chi, o cosa, c'è dietro a tutto questo".
In qualche modo, D riuscì a non scomporsi.
"Se avessi qualche ricordo di quanto è successo dieci anni fa, mi piacerebbe saperlo. So solo quello che mi ha detto il sindaco".
Il fatto che non avesse la propensione a protestare testimoniava il fatto che l'espressione dura del signor Meyer era solo una facciata.
"Mi dispiace dirlo, ma quello che hai sentito dal sindaco è probabilmente tutto ciò che c'è da dire. Un giorno, dieci anni fa, stavamo giocando in fondo alla collina. Lina disse che voleva raccogliere fiori per fare delle ghirlande, e ricordo che Tajeel - il ragazzo che ancora non è stato trovato - era contrario all'idea. Alla fine, noi ragazzi abbiamo ceduto - anche a quell'età le donne la spuntano sempre - e ci mettemmo a raccogliere fiori. Ricordo che raccolsi un mazzetto e lo consegnai a Lina, e poi...".
"E poi?"
"Mi allontanai per raccogliere un altro mazzetto, mi sono voltato e… è tutto. La cosa successiva che ricordo è che erano passate due settimane ed eravamo a metà della collina e stavamo scendendo. Ti avranno già detto che hanno fatto di tutto per cercare di ripristinare quella parte dei nostri ricordi, vero?".
"C'è qualcosa che mi piacerebbe tu guardassi" disse D, cambiando posizione per la prima volta. Avvicinandosi a una scrivania robusta, fatta di grossi tronchi, prese una penna di arpia da un porta penne realizzato con una zanna di drago e strappò anche una pagina dal blocco di carta riciclata.
"Cos’è?".
"È solo una cosa che mette in difficoltà pure me". L'espressione di D non cambiò, mentre feceva due rapidi freghi con la penna, poi spinse il foglio davanti agli occhi dell'insegnante.
"Cosa... cosa esattamente è?". Il signor Meyer si voltò a guardare D perplesso.
"Non è niente". D appallottolò il foglio su cui aveva tracciato una grande croce, e lo gettò nel cestino, anch’esso era di osso di drago. La bestia da cui proveniva doveva essere stata alta quasi 20 metri, di una ferocia insuperabile. In quei casi gli uomini tendevano a non sprecare neppure un frammento d’osso. In un piccolo villaggio come quello, i draghi erano visti più come un modo per guadagnarsi il pane quotidiano che come una minaccia.
"Sei più tornato sulla cima della collina da allora?".
"No, non io. E cerco di evitare l’argomento con Lina".
"Un'altra cosa. Cuore Jorshtern è impazzito. Tu come stai?".
Il signor Meyer si forzò di sorridere.
"Forse i miei studenti potrebbero darti una risposta più dettaglia al riguardo. Mi considero una persona ordinaria. Ma, se devo essere perfettamente sincero, non ho un vero alibi per i recenti crimini. Vivo da solo, ed è possibile che soffra di sonnambulismo e stia uscendo di notte senza saperlo. Una volta compiuto il misfatto, avrei potuto distruggere tutte le prove per poi tornare ad essere un normale insegnante addormentato nel suo letto in attesa del mattino. Non posso dire con assoluta certezza che non sia successo. Se esistono davvero dei Nobili che possono camminare alla luce del giorno, chi può dire che le vittime di un tale Nobile non possano fare questo e altro?".
D annuì.
Quando un umano cadeva vittima di un vampiro, e veniva trasformato in un demone della notte, il buon senso suggeriva che avrebbe anche ereditato le caratteristiche di quel Nobile. La vittima di un Nobile con il potere di trasformarsi in un lupo sarebbe stata in grado di trasformarsi a sua volta. Se Nobile poteva comandare certe bestie selvagge, lo stesso avrebbe fatto la sua vittima. E così via.
Tuttavia, proprio come un neonato non è una copia esatta dei suoi genitori, c'erano delle differenze tra vittima e Nobile. La vittima poteva restare in forma di lupo per meno tempo del Nobile e, in ogni caso, una vittima era sempre meno forte, veloce e con una abilità rigenerativa rispetto al vampiro che l’aveva aggredita.
Questi vampiri appena trasformati non erano la vera Nobiltà, ma poco più che pallide imitazioni. La cosa più importante riguardo a questi pseudo-Nobili era che, ogni volta che ne veniva catturato uno, poteva essere usato per capire la potenza della vera minaccia - il vero Nobile.
Centocinquanta anni prima, un funzionario di nome Summers Montague investigò su centinaia di attacchi mentre viaggiava attraverso la Frontiera. Durante la sua indagine, Montague divise le vittime della Nobiltà in diverse classi, e lasciò anche precise statistiche riguardanti i poteri dei loro padroni.
Un altro tomo sull'argomento, “Metodi per Discernere i Livelli di Nobiltà Attraverso le Vittime e Contromisure Difensive” dello studioso T. Fisher, veniva ampiamente letto e tramandato tra le persone della Frontiera, nonostante il divieto sul libro imposto dal Governo Rivoluzionario della Capitale.
Tuttavia, la minaccia che ora imperversava in quel piccolo villaggio, minacciava di aggiungere una sorprendente nuova pagina. Una minaccia era così grave da scuotere le convinzioni più basilari che la gente aveva della Nobiltà, minando il senso di sicurezza che permetteva alla gente di svolgere le loro vite quotidiane.
“Sono consapevole che i Cacciatori di Vampiri hanno le loro tecniche speciali per identificare e classificare la Nobiltà. Intendo aiutarvi con tutti i mezzi a mia disposizione. Chiedete ciò che volete, o fatemi ciò che volete. Voglio sapere cosa è successo lassù sulla collina, tanto quanto voi".
Non sembrava esserci motivo di sospettare della sincerità del giovane insegnante. La mano sinistra di D si mosse e l'insegnante si ritrasse istintivamente mentre la mano si avvicinava alla sua fronte.
Ma il processo fu interrotto quando si sentì bussare e una ragazza con chiome d'oro entrò senza aspettare una risposta. Il vassoio che la ragazza portava era semplicemente una sezione trasversale di un tronco d'albero. Due tazze di metallo vi erano posate sopra.
"Che succede? Se hai finito di pulire, vai a casa". La ragazza non sembrò nemmeno accorgersi del fatto che l’insegnante aveva parlato e posò le tazze sul tavolo, dicendo: "Ecco qua". Il profilo che mostrava a D era arrossato di cremisi.
"Che razza di figure mi fate fare" disse il signor Meyer con un tono leggermente scontento. "Cos’è questa differenza tra le due tazze? Sappi che il denaro per la bevanda che abbiamo qui a scuola viene dalle mie tasche". La tazza di D conteneva più di tre volte la quantità di bevanda rispetto a quella del professore.
In un villaggio dove le temperature invernali erano comunemente a cifra singola, non c'erano divieti riguardo al consumo di alcolici durante le lezioni.
"Ehm, beh, questo era tutto quello che c'era," disse la studentessa, asselendo D con occhiatine trasognanti.
“Professore, lei è una spugna e ha bevuto la nostra parte di nascosto. Inoltre, non abbiamo quasi mai visitatori, quindi ci siamo dovuti arrovellare per trovare una soluzione per... questo bel giovane visitatore".
"Basta con le sciocchezze", disse il signor Meyer alzandosi con aria di disgusto per spingere la giovane donna fuori dalla stanza. Quando aprì la porta, una valanga di ragazze cadde a terra, e gli occhi dell'insegnante si striarono di rosso.
“Cosa significa questo? La vostra maleducazione mi lascia sconcertato. Sparite immediatamente. E domani trenta colpi di cinghia per il capo di questo gruppetto!”.
"Fatele diventare quaranta a testa", disse una "ma, per favore, lasciateci parlare con lui. Vogliamo sapere del mondo esterno e della Capitale!".
"Non è giusto, signor Meyer" protestò un’altra. "Se ne sta qui da solo con un bell'uomo – iniziamo a pensare male!".
"Lui non—basta con queste sciocchezze!" non sorprendentemente, il solitamente calmo e composto signor Meyer perse la testa. Dopotutto, era ancora giovane. Ordinò alle ragazze di uscire e sbatté la porta in faccia alle studentesse poco collaborative, che chiedevano il più educatamente possibile, seppur urlando, di farsi fare almeno un'autografo da D.
L'insegnante si asciugò la fronte e tornò al suo posto, i suoi occhi ridevano nonostante tutto. "Mi dispiace che tu abbia assistito a tutto questo. Spero non ci baderai".
D scosse la testa. La mente del Cacciatore era sempre un mistero. Non solo quello, persino l'aura sinistra di un dhampir che di solito emanava da ogni centimetro di lui sembrava essere scemata.
Il signor Meyer era apparentemente abbastanza sensibile da rilevare questo cambiamento, e il suo tono divenne più colloquiale. "Vedi, è piuttosto raro che un viaggiatore faccia visita al nostro villaggio. C'è qualcosa che non va con regolatore in questo settore; la primavera e l'estate sono ok, ma appena inizia l'autunno qui comincia a nevicare. Per questo i visitatori, per lo più mercanti e viaggiatori, non rimangono per più di un paio di giorni in inverno. Per le ragazze di quell'età questo è un posto piuttosto duro".
"Non solo qui", disse D dolcemente, mentre ammirava il cielo azzurro al di là dei vetri delle finestre. "È così in ogni piccolo villaggio. Ma la primavera arriverà presto".
"Sì, la primavera arriverà, ma loro non se ne andranno".
Per la prima volta, D notò che il giovane insegnante si faceva scuro in volto.
I villaggi di Frontiera erano piccoli e poveri. Anche la più piccola variazione della popolazione poteva essere disastrosa. Una vita fatta di raccolti rachitici cresciuti su suoli quasi esauriti, respingendo le mostruosità in agguato, richiedeva la forza di ogni persona disponibile, fino all'ultimo bambino capace di stare in piedi. Il Governo Rivoluzionario della Capitale aveva la riconquista della Frontiera tra le sue priorità e vietava qualsiasi movimento della popolazione senza previa approvazione. Quindi, oltre alla neve esisteva un’altra invisibile barriera che divideva il villaggio dal resto del mondo.
"Ecco la mia idea", disse l'insegnante, guardando D con rinnovata risolutezza. "Se hai del tempo libero mentre sei in città -"
"Ho altro lavoro da fare", la risposta del Cacciatore fu gelida. "Finirò questo il più velocemente possibile, e lascerò il villaggio non appena avrò finito. Nient’altro".
Il signor Meyer disse "capisco", e svuotò il contenuto della sua tazza. Non sembrava affatto risentito. Poiché ai professori era raramente permesso spostarsi, molti di loro si abbandonavano all'alcol e agli allucinogeni per sfuggire alla disperazione per il futuro e alla freddezza del presente. Ma, nonostante le difficoltà dovute alla sua professione, il signor Meyer era veramente una brava persona. "Stavo chiedendo troppo, lo so. Ma prima che tu continui, c'è una cosa che devo chiederti".
"Cosa?".
"Potresti, per favore, lasciare fuori Lina da tutto questo?".
“È una dei bambini rapiti".
"Lei sta per lasciarci".
La fronte di D si increspò appena, cosa piuttosto insolita. Come per convincerlo ulteriormente, l'insegnante continuò: "sono sicuro che probabilmente sei al corrente del sistema secondo cui, una volta all'anno, il Governo individua il bambino più promettente di un villaggio di un settore della Frontiera per inserirlo nel sistema educativo della Capitale. Quest'anno il nostro villaggio è stato selezionato. Oserei dire che potrebbe non succedere mai più. Quando è stato annunciato sembrava come se il carnevale fosse arrivato in città. Dopo mesi di test, Lina è stata scelta all’unanimità".
"Capisco".
"Siamo solo un povero villaggio che lotta per sopravvivere, ma lei è una stella lucente che salirà fino alla Capitale. Si dice che il Governo sia in procinto di lanciare una di quelle navi spaziali per esplorare un altro pianeta. Se Lina venisse scelta per qualcosa del genere, potrebbe diventare una stella nel vero senso della parola. Immagina... una ragazza di un villaggio piagato da un lungo inverno e una magra primavera potrebbe viaggiare tra le stelle! Puoi capire quanto siamo orgogliosi, vero?".
"Se il bambino selezionato contribuisce in maniera significativa, al villaggio spetta un qualche premio. Questo è quanto capisco", dicendo ciò, D fissò gli occhi del signor Meyer. "Pensi di agire nel miglior interesse per il villaggio?".
Mentre il contegno del signor Meyer si irrigidiva per l’inaspettata domanda, un'aura spettrale scaturiva da ogni centimetro di D.
"Eh?!" controllato da una specie di brutale assalto alla sua psiche, l'insegnante seguì lo sguardo di D, che si era spostato su un ragazzo, visibile oltre la finestra, che correva verso il cancello della scuola. Gocce di sudore imperlavano il viso del ragazzo. Le sue mani erano macchiate di rosso.
L'insegnante capì in un istante.
Quando si alzò per seguire D, che era già svanito oltre la porta, sentì una voce bizzarra e rauca dire: "Di nuovo? È un'interruzione dopo l'altra oggi!".
***
Una dozzina di minuti dopo, il signor Meyer stava correndo tra i boschi. Non vede o sentiva D, che lo aveva preceduto.
La strada ben drenata era asciutta e spoglia, tranne che per qualche traccia di neve; quindi, la corsa del Cacciatore non era ostacolata da nulla e la sua velocità era sovrumana. Dopo aver affidando il giovane, sporco di sangue, a uno degli insegnanti delle scuole elementari che lo avevano raggiunto nel cortile della scuola, il signor Meyer era corso dietro a D. Il Cacciatore aveva lasciato l’edificio scolastico prima dell’arrivo dell’insegnate, era corso via dopo aver scambiato poche parole col ragazzo. Meyers si disse che perfino il vento aveva paura di mettersi sulla strada del bel giovane.
Qui e là, macchie di sangue punteggiavano la strada nera. Era gocce cadute dalle mani del ragazzo. Era il figlio di un cacciatore che viveva nei boschi al margine della città. Stava tornando a casa dopo la scuola, giocando con una balestra di fortuna e aveva accidentalmente sparato un dardo in un cespuglio. L'aveva ritrovato quasi subito, e insieme a esso aveva trovato qualcos'altro. Quando era tornato in sé si trovava al cancello della scuola e non sapeva perché le sue mani fossero sporche di sangue. Era solo un ragazzo di nove anni.
Il signor Meyer arrivò al fatidico cespuglio, neve cremisi era posata sui suoi rami.
Usando una stretta apertura, il signor Meyer si fece strada.
Le sue gambe si bloccarono.
Una sorta di martellante paura primordiale aveva preso possesso di ogni singola cellula del suo corpo. Anche se la mente ordinava di andare avanti, il corpo si ribellava. Non era altro che una bestia spaventata.
D si trovava a circa tre metri da lui e poco più avanti giaceva un cadavere, a faccia in giù, e vestito con una pelliccia rossa. Non poteva vederne il viso, ma dai capelli lunghi raccolti sapeva che era una donna. Non c'era nient'altro.
Nonostante ciò, l'insegnante aveva la sensazione che il suo corpo fosse schiacciato da una sorta di morsa. Si chiese se anche D provasse la stessa cosa, oppure…
D sguainò la sua spada lunga. La posa che assunse, con la punta della sua lama abbastanza bassa da pungere la punta del suo piede destro, era così innaturale che difficilmente poteva essere definita una posizione da combattimento e, per estensione, suggeriva che la sua azione successiva avrebbe avuto un che di ultraterreno.
E poi l'insegnante notò qualcosa che lo rallegrò. Mentre l'aura malvagia vorticava tutto intorno a D, non sembrava in grado di sfiorare il Cacciatore.
“Non ha minima paura di essa!”.
L'aura malvagia che aleggiava sulla ragazza si mosse e attaccò!
D volò nell’aria, come un falco cesellato in tutta la sua maestosità nell'aria fredda.
L'insegnante vide solo un lampo d'argento.
Lo spazio e il tempo si torsero, o almeno così sembrò.
Qualcosa sfrecciò accanto all'insegnante, superò il cespuglio e scomparve. Il signor Meyer corse verso D, che era atterrato accanto alla ragazza.
L'incantesimo era stato spezzato, era rimasta solo una brezza fredda. Meyer poteva persino sentire nuovamente il cinguettio degli uccelli.
Mettendosi in ginocchio accanto alla ragazza, D le prese il polso. Il suo volto impassibile non si spostò verso dove la cosa, qualunque fosse, era fuggita. E la sua spada era tornata nel fodero. L'insegnante si sentì come se fosse nella presenza di uno sconosciuto. Sebbene il giovane fosse abbastanza bello da far svenire persino un uomo come Meyer, ora il Cacciatore sembrava ancora più inquietante e spaventoso dell’essere malevole che aveva scacciato.
Lasciando cadere la mano della ragazza, D si alzò. Premette il palmo della mano sinistra sul braccio destro. Quando l'insegnante gli chiese se fosse stato ferito, scosse la testa. "Siamo arrivati appena in tempo", disse il Cacciatore.
Il sollievo si diffuse nel petto dell'insegnante. "Pensi che quella cosa fosse ciò che stavi cercando?" chiese speranzoso, ma presto l'angoscia tornò.
"No", disse D. "Giudicando dalla temperatura del corpo e dallo stato del sangue, è stata attaccata stamattina. Inoltre, non è stata quella cosa a lasciarle segni di denti sulla sua gola. Sono arrivato poco dopo che aveva trovato il corpo”.
"Cosa diavolo era quella cosa comunque?".
"Non lo so. Ma è la seconda volta che mi imbatto in essa".
"Cosa?".
"Non importa—questa donna, per caso la conosci?".
Finalmente il signor Meyer poteva essere di qualche aiuto. Rotolò la donna, che capelli rosso fiammanti che arrivavano fino alla schiena. Notando il cestino lì vicino, annuì.
"È sposata con un contadino di nome Kaiser. Doveva essere fuori a raccogliere fiori per unguenti quando è stata attaccata".
"E dove eri tu stamattina? Non sentirti costretto a rispondere. Presto sapremo chi è il colpevole".
"Come?".
"In base alle ferite, chiunque l'abbia attaccata è il tipo che si affeziona molto alla sua preda. Probabilmente la attaccherà di nuovo stasera. Resto in guardia. Se non viene...".
Sentendo che avrebbe dovuto essere terrorizzato dalla frase che D lasciò incompiuta, il giovane insegnante chiese con voce vuota: "Se non viene…?".
"Vorrebbe dire che potrebbe essere qualcuno che sa che sono qui. Gli studenti che mi hanno visto non sono a conoscenza della mia professione, quindi rimanete solo il sindaco, Cuore, Lina... e tu".
Anche se la primavera era alle porte, il viso del signor Meyer assunse la tinta di qualcuno che è morto per congelamento.
***
Poco dopo, lo sceriffo e il sindaco si affrettarono sul luogo e portarono via la moglie di Kaiser dopo un'indagine puramente formale. Lo sceriffo guardò D con sospetto, ma non disse nulla. D, dal canto suo, non menzionò l'entità invisibile.
Solo D rimase sul posto. Quando tutti gli altri se ne furono andati, disse al palmo della sua mano sinistra: "Com’è?".
"Niente di buono, come ti aspetteresti…" rispose una voce esausta. "Un inferno di energia psichica. Non sarò in forma per quattro, forse cinque giorni. Quanto a scavare nella mente dei tre ragazzi, scordatelo. Non sono riuscito a comunicare con il loro subconscio, neanche con lo strato più superficiale della loro coscienza".
"È un problema".
"Se lo è, è colpa tua che mi tratti come uno schiavo. Prima o poi dovrai nutrirmi come si deve".
"Quindi? È per questo che stai ancora qui?".
"Uhm... penso che farò una piccola pennichella ora".
"Va bene".
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